«Meno visitatori, più qualità» Tramonta il turismo di massa
Prima giornata della Bitm al Muse. Rossini: «Limare i picchi, fruizione tutto l’anno»
Martini
TRENTO Il turismo non può essere di massa, né una «monocoltura» se si vuole strutturare un modello sostenibile e durevole. E i progressi del settore vanno misurati non in numeri crescenti di presenze, ma in valore generato, puntando a decongestionare i picchi di afflusso estivi e invernali. Posizioni emerse con chiarezza nell’intenso confronto che, ieri mattina, ha visto protagonisti operatori economici, studiosi, amministratori locali nel foyer del Muse per la prima giornata della Borsa internazionale del turismo montano (Bitm) in programma fino a venerdì compreso. In particolare, sono stati accesi i riflettori sulla riorganizzazione del settore post-pandemia, focalizzando l’attenzione sulla tipologia di visitatore e sul superamento degli stereotipi che, se non disarticolati, rischiano di essere deleteri e inficiare una prospettiva di sviluppo armonica e compatibile con il benessere di ambiente e comunità.
Temi che sono già ben presenti nelle agende di Provincia e Comune di Trento, hanno assicurato gli assessori Roberto Failoni ed Elisabetta
Bozzarelli, nell’annunciare il prossimo varo dei nuovi piani di politica turistica e di Trentino Marketing. E proprio il Ceo di Trentino Marketing, Maurizio Rossini, declina le priorità operative. «Quest’estate — premette Rossini — tra luglio e settembre le montagne e i laghi trentini sono stati letteralmente presi d’assalto, con i numeri di visitatori più alti di sempre. Il rischio, però, è che una frequentazione eccessiva, vada a vanificare un’esperienza molto più bella e ricca che, per compiersi, ha la necessità di imporre limiti». Insomma, rinunciare ai periodi di picco, puntando a una fruizione equilibrata e continua. «Luoghi vivi tutto l’anno con comunità sempre attive — sottolinea ancora — con un equilibrio tra residenti e turisti, tra i diversi settori economici con un’integrazione tra agricoltura di montagna e lago, nuovo artigianato, tecnologie per il telelavoro».
L’iperspecializzazione nel turismo, dunque, va contrastata come elemento di impoverimento e inaridimento dei terreni economico e sociale. «Il turismo non deve asservire completamente un territorio conferma l’economista Umberto Martini, docente all’università di Trento —, né diventare una specie di Disneyland, con il rischio di privare i visitatori di esperienze autentiche, con il risultato che, dopo 20 o 30 anni di sfruttamento intensivo, si arrivi ad avere un territorio abbandonato e disseminato di strutture ridotte a cattedrali nel deserto». Con un monito forte. «A differenza di quanto molti pensavano fino a qualche anno fa — marca Martini con forza — la sostenibilità non è antitesi dello sviluppo, ma premessa per una sua durevolezza. La sfida è farsi scegliere dai turisti giusti, la montagna richiede certi atteggiamenti e attenzioni. Usciamo dalla logica del numero ed entriamo in quella del valore».
Una logica che tiene anche dal punto di vista imprenditoriale, come sottolinea Lorenzo Delladio. «La montagna dello sci deve rimanere, ma non dobbiamo essere monocoltura — sostiene il presidente di «La Sportiva» —. Io avevo proposto nel 2017 la conversione ambientale e turistica di Passo Rolle, ma non andò in porto. Se ci fosse stata una gestione organica delle proposte alternative, attraverso le Apt, avremmo avuto un minore impatto dallo stop imposto lo scorso inverno alla stagione turistica». Uno spirito su cui si ritrova la Società alpinisti tridentini (Sat). «Non aumentiamo più i posti letti nei, anzi li diminuiremo: la frequentazione consapevole e responsabile della montagna è un obiettivo» assicura la presidente Anna Facchini.