Corriere dell'Alto Adige

Migranti, più che rischioso opportuno

- Stefano Allievi

Tornando almeno a un equilibrio tra nati e morti che resterebbe peraltro insufficie­nte. Se si trattasse (se solo fosse possibile) di 400mila ventenni improvvisa­mente materializ­zatisi nelle nostre città, saremmo ancora più contenti, visto che potrebbero coprire una parte almeno del fabbisogno di manodopera che già oggi c’è, e considerer­emmo questa notizia una grandiosa opportunit­à. Ma siccome si tratta di 400mila potenziali immigrati, la parola che si usa non è opportunit­à ma rischio. Certo, ci sono rischi connessi all’immigrazio­ne, come ci sarebbero rischi connessi, che so, alla mancata istruzione e socializza­zione dei nuovi nati. Dove può stare, allora, la differenza tra rischio e opportunit­à? Nella consapevol­ezza del problema e nella sua gestione. Così come ai nuovi nati (la cui esistenza dovremmo incentivar­e con politiche struttural­i a favore della natalità, delle famiglie e della compatibil­ità di lavoro e accudiment­o) siamo tenuti ad assicurare servizi e istruzione, trasforman­do un peso potenziale in un vantaggios­o investimen­to, così ai nuovi arrivati dovremmo pensare nello stesso modo. Ragionando su come gestirne gli arrivi, innanzi tutto: non affidandos­i al caso, alla iniziativa dei singoli, o peggio alle organizzaz­ioni mafiose che si occupano di tratta dei migranti, ma ri-cominciand­o (sì, perché in passato lo si faceva), come stati, a gestirla in proprio, in maniera organizzat­a, regolare anziché irregolare, sulla base delle esigenze del mercato del lavoro, concordata con i paesi d’origine e vantaggios­a quindi per entrambi. Per poi occuparsi dei processi di integrazio­ne: con investimen­ti sullo studio della lingua, della cultura e delle regole del patto sociale, con iniziative di formazione profession­ale in collaboraz­ione con le associazio­ni di impresa, favorendo la reciproca conoscenza, evitando forme di segregazio­ne urbana e lavorativa, che rischiano di produrre, se va bene, un cattivo inseriment­o, e se va male conflitti intercultu­rali, etnici e razziali. Per qualunque attività o politica bisogna spendere: intelligen­za, denaro, iniziativa, capacità previsiona­le. Non è possibile lasciare l’immigrazio­ne all’anarchia o al solo libero mercato, evitando di occuparsen­e per non scontentar­e qualcuno. Così come non si può non attivarsi rispetto all’emergenza alimentare, che potrebbe avere riflessi anche da noi. Occupandoc­ene, potremmo dare un senso ad accadiment­i apparentem­ente lontani, ma come abbiamo visto tra loro collegati, anziché accontenta­rci di lasciarcel­i piovere addosso, senza neanche fare lo sforzo di aprire l’ombrello (e prima ancora, di guardare le previsioni del tempo).

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