Corriere dell'Alto Adige

Perfido, sfilano i testi in aula l’operaio edile e il venditore d’auto

- D. R.

TRENTO La lista è lunga: undici testimoni. Ma ieri in aula sono stati sentiti solo i primi due, chiamati dall’avvocato Giacomo Iaria in difesa di Domenico Morello, una delle figure al centro dell’inchiesta «Perfido» sulle presunte infiltrazi­oni della ‘ndrangheta nel mondo del porfido.

È così entrata nel vivo l’udienza in rito abbreviato a carico di Morello, ritenuto dall’accusa, «organizzat­ore e promotore dell’associazio­ne criminale» (faceva riferiment­o a Innocenzo Macheda, a capo, secondo la ricostruzi­one della Procura, della ‘ndrina locale legata alla cosca dei Serraino) di Alessandro Schina e Pietro Denise. Il collegio, presieduto dal giudi- ce Stefan Tappeiner, ha ascoltato un operaio calabrese che ha raccontato del suo incontro con Morello a un matrimonio. L’uomo, dipendente di una ditta edile poi chiusa per mafia, avrebbe chiesto a Morello di aiutarlo perché voleva trovare un altro posto di lavoro. Avrebbe inoltre chiesto all’imprendito­re di fare una verifica sulla società per cui lavorava, alla quale erano stati revocati importanti appalti pubblici. In aula è stato poi chiamato un venditore d’auto veneto dal quale la società di Morello aveva acquistato tre Range Rover. «Comprate in leasing», ha precisato il venditore.

Ma a dare battaglia in aula ieri è stato il difensore di Alessandro Schina, l’avvocato Daniele Lelli, che ha chiesto lo stralcio della posizione dell’imprendito­re romano sia per ragioni di tempistica che di opportunit­à. Schina, infatti, è l’unico ad essere libero, dopo la pronuncia della Corte di Cassazione che aveva annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Trento ritenendo l’imprendito­re estraneo ai fatti, inoltre ha problemi di salute. Non solo: manca la notifica del decreto di citazione a giudizio. Tema su cui è intervenut­a anche la Procura, ma i giudici hanno tirato dritto respingend­o la richiesta del legale. Infine Schina ha chiesto nuovamente il dissequest­ro di tutti i beni, ma la Corte si è riservata sostenendo di non aver letto il provvedime­nto di sequestro. Decisione rinviata quindi, il presidente ha chiesto alla cancelleri­a di recuperare il documento e ha rinviato l’udienza al prossimo 30 giugno. Intanto sempre ieri sono stati nominati altri due periti che lavorerann­o al fianco degli altri quattro colleghi già nominati per la trascrizio­ne delle intercetta­zioni telefonich­e, nell’ambito dell’altro processo, davanti alla Corte d’assise, a carico di tutti gli altri imputati.

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