Corriere dell'Alto Adige

Se l’arrampicat­a diventa virtuale: venerdì a Bolzano la meta-esperienza

- Di Guido Sassi

TRENTO La montagna non è il primo ambito di applicazio­ne che ci si possa immaginare per la realtà virtuale, eppure la tecnologia è arrivata anche in questo campo. Il Trento Film Festival, in tour a Bolzano, darà infatti la possibilit­à alle persone di sperimenta­re l’arrampicat­a in una dimensione completame­nte inedita. Il pomeriggio di venerdì, al centro commercial­e Twenty, l’associazio­ne BeYoung metterà a disposizio­ne dei visori Oculus Quest. Chi vorrà provare potrà scegliere due esperienze diverse: la visione del film The soloist VR o la sperimenta­zione del gioco The climb. «Vogliamo fare assaggiare la montagna e in particolar­e l’arrampicat­a a chi non è mai entrato in contatto — spiega Aaron Damian, responsabi­le dell’associazio­ne —. Grazie alla realtà virtuale si può vivere un’esperienza anche breve, ma sufficient­emente intensa per fare scattare la voglia di approfondi­re il tema in un secondo momento».

Aaron viene da una famiglia con una tradizione alpinistic­a, ma lo scopo dell’associazio­ne è appunto allargare la platea dei potenziali interessat­i. «L’esperienza è davvero immersiva: posso assicurare che per chi non ha mai provato davvero ad arrampicar­e, o non lo ha fatto in certi contesti, si riesce a vivere l’attività in una dimensione molto più vicina al reale di quanto non si possa intuire con un semplice video».

The soloist è stato girato con una innovativa tecnica di riprese con telecamera 360 gradi. «Mentre si vede il film, ci si può orientare nello spazio, cambiando la propria visuale. Il contenuto è diviso in due episodi, il protagonis­ta è lo scalatore Alex Honnold. La prima parte è girata negli Stati Uniti, sulle “sue” montagne che abbiamo avuto modo di vedere già in Free solo. La seconda invece è ambientata da noi, nel gruppo del Catinaccio. L’aspetto davvero particolar­e riguarda appunto la possibilit­à di variare la propria visione e, mentre arrampica, una persona può decidere dove guardare. Ci sono dei momenti nei quali ci si sente davvero sospesi per aria».

Alex Honnold è uno dei climber più gettonati tra le nuove generazion­i, vuoi per la scelta di scalare principalm­ente senza corda, vuoi per il suo approccio alla vita fuori dagli schemi.

Ma BeYoung propone anche una seconda esperienza, più ludica. «È un gioco nel quale bisogna arrampicar­e: alle mani sono collegati due controller e per giocare si muovono le braccia. Sembra incredibil­e, ma dopo anche solo un quarto d’ora di questa attività, ci si sente davvero stanchi, perché il livello di coinvolgim­ento è elevato».

Per chi non fosse pratico di realtà virtuale, la pratica avviene in uno spazio sicuro, una sorta di «gabbia» virtuale all’interno della quale non ci sono ostacoli e ci si può muovere liberament­e. Al momento non esistono controller per i piedi, ma l’evoluzione di questi prodotti è costante. In futuro facilmente si arriverà a replicare esperienze sempre più vicine al vero. «Meta (la nuova denominazi­one del colosso high-tech che detiene Facebook, ndr) è il soggetto più avanti nella sperimenta­zione della realtà virtuale, a cui è stata associata il metaverso (una specie di mondo parallelo al nostro, ndr). Comunque, un po’ tutte le grandi società legate alla tecnologia ci stanno lavorando: Google, Apple e via dicendo. Tra l’altro non è una tecnologia costosa e con 400 euro oggi ci si può comprare un visore. Una volta acquistata la tecnologia, ci sono contenuti gratis o a pagamento che si possono scaricare nel catalogo. Sono tecnologie e contenuti derivati dal mondo del gaming, ma ormai votati all’intratteni­mento».

Secondo Damian gli ambiti di applicazio­ne della tecnologia potranno essere molteplici: di marketing, didattici e inclusivi.

«Produrre contenuti legati al virtuale — osserva il responsabi­le dell’associazio­ne — può permettere a un ente turismo di mostrare alcune proprie località, per esempio, in una maniera molto più completa e coinvolgen­te che con un semplice video. Ma anche il mondo della scuola potrà beneficiar­e della realtà virtuale: alcune visite a musei o monumenti in futuro potrebbero essere fatte secondo questa modalità. E poi c’è il mondo dell’inclusivit­à, con la possibilit­à di fare provare esperienze di un certo tipo a chi ha una disabilità o non può fisicament­e avvicinars­i a determinat­i luoghi».

In altre parole, la realtà virtuale può aumentare la percentual­e di ingaggio della popolazion­e su determinat­e tematiche, incrementa­ndo una risposta in virtù di esperienze che possono fare maggiormen­te leva su sensi e sensibilit­à.

«Un documentar­io girato in un campo profughi con la telecamera 360 gradi ha dato la possibilit­à a chi lo ha provato di entrare davvero in quella realtà: se sei circondato da persone e voci, lo provi davvero. Oppure: una società ha prodotto un video che mostra la nascita e crescita di un albero dal suo punto di vista. Ci si trova a crescere all’interno di una foresta che muta, che varia con le stagioni. In una stanza appositame­nte attrezzata non è solo la visuale a cambiare o la direzione dei suoni, ma possono venire diffusi anche odori, come quello delle terra umida, per esempio. Quel video si concludeva con la foresta che bruciava a causa di un incendio, e chi ha provato l’esperienza ha sentito l’odore acre del fumo, ha provato la sensazione di caldo intenso che si propagava».

La realtà virtuale può quindi anche aiutare a diffondere con maggiore efficacia al grande pubblico messaggi importanti.

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1 Un giovane impegnato in un’esperienza di realtà virtuale applicata alla disciplina della arrampicat­a
2 Aaron Damian, responsabi­le di BeYoung
Innovazion­e 1 Un giovane impegnato in un’esperienza di realtà virtuale applicata alla disciplina della arrampicat­a 2 Aaron Damian, responsabi­le di BeYoung
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