A Bolzano i salari più alti d’Italia
I dati dell’Inps: nel pubblico forbice di 5.000 euro con Trento. L’Ipl: qui la vita costa il 20% in più
L’Alto Adige ha gli stipendi medi più alti d’Italia. A dirlo sono i dati dell’Istituto nazionale della previdenza sociale. Pur se con qualche sfumatura è in sintonia Stefan Perini, direttore dell’Istituto promozione lavoratori (Ipl), che però mette in guardia: «abbiamo anche il primato del costo della vita più alto. Giusto, quindi, aumentare gli stipendi, ma anche tassare chi ha di più».
Nella categoria degli operai, a Bolzano la media è di 17.258 euro l’anno, contro i 15.682 di Trento ed i 14.775 dell’Italia. Riguardo ai lavoratori privati (inclusi dirigenti, impiegati, quadri, apprendisti e altro), Bolzano raggiunge quota 22.360 euro annui, Trento 20.082, l’Italia: 20.658. Nel pubblico impiego Bolzano è in vetta con 35.919 euro, Trento si ferma 30.457 mentre la media italiana è 32.222.
BOLZANO L’Alto Adige ha gli stipendi medi più alti d’Italia. A dirlo sono i dati dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps). Pur se con qualche sfumatura è in sintonia Stefan Perini, direttore dell’Istituto promozione lavoratori (Ipl), che però mette in guardia: da noi anche il primato del costo della vita più alto. Giusto, quindi, aumentare gli stipendi, ma anche tassare chi ha di più.
La “fame” di personale della ormai quasi totalità dei settori economici altoatesini, siano essi pubblici o privati, ha fatto diventare un mantra l’urgenza di aumentare gli stipendi. Buste paga più “pesanti” per convincere i lavoratori a venire in provincia di Bolzano. Salari che, però, sulla base delle tabelle del 2020 dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, vedono già l’Alto Adige
al primo posto come retribuzioni. Si tratta di una media annua che si riferisce all’imponibile previdenziale, ossia l’importo precedente alla detrazione dei contributi Inps a carico del lavoratore (9,19%) e delle imposte sul reddito (che variano a seconda della fascia reddituale). Dentro c’è quasi tutto: paga base, scatti di anzianità, straordinari, superminimi (chi ne può godere). Nell’imponibile previdenziale, per esempio, non ci sono invece i contributi per la previdenza complementare o l’assegno unico.
Nella categoria degli operai, a Bolzano la media è di 17.258 euro l’anno, contro i 15.682 di Trento, i 17.111 del Veneto, i 17.032 dell’area Nordest, dei 16.332 di quella Nordovest e dei 14.775 dell’Italia. Riguardo ai lavoratori privati (inclusi dirigenti, impiegati, quadri, apprendisti e altro), Bolzano raggiunge quota 22.360 euro annui, Trento 20.082, il Veneto 21.500, il Nordest 21.941, il Nordovest: 24.532 e l’Italia: 20.658. Da ultimo il pubblico impiego, dove Bolzano è in vetta con 35.919 euro, c’è poi Trento con 30.457, il Veneto con 30.455, l’area Nordest con 31.286, quella Nordovest con 31.201 e l’Italia con 32.222.
«Bisognerebbe analizzare i dati in profondità — esordisce Stefan Perini, direttore dell’Istituto promozione lavoratori (Ipl) — e capire come sono state fatte le medie. Detto questo è vero che il nostro territorio ha retribuzione mediamente elevati. Lo abbiamo visto anche da nostri calcoli dalle quali si evince che, nel settore privato, sono superiori del 7% rispetto alla media nazionale. Però è anche vero che da noi il costo della vita è del 20% superiore rispetto al resto d’Italia, soprattutto per i costi delle case. Quindi, una migliore retribuzione non si traduce in una maggiore ricchezza».
Per Perini è, quindi, «necessario aumentare gli stipendi. Certo c’è il rischio che si crei una spirale e il costo della vita salga di conseguenza a un aumento del costo degli stipendi, ma bisogna comunque fare qualcosa per recuperare il potere d’acquisto perso. E gli stessi imprenditori e liberi professionisti potrebbero non aumentare i propri profitti. La partita vera è quanto del valore aggiunto va ai lavoratori. Serve, quindi, una diversa distribuzione dei guadagni».
Il direttore dell’Ipl guarda poi al fisco. «Due sono qui le questioni — spiega —. A chi prendo i soldi e a chi do i soldi. Per la prima parte entra in gioco il sistema fiscale, dove bisognerebbe chiedersi chi paga quanto. Un argomento è la riforma del catasto o la tassa sui patrimoni o i beni di lusso. Servirebbe una sorta di “robin tax”, tassando di più a chi ha di più. C’è poi la seconda questione della redistribuzione. Qui servirebbe una politica più mirata che superi i contributi a pioggia o gli una tantum. Operazioni non molto finalizzate e mirate. Serve invece una politica più strutturata».
In Trentino intanto ci si interroga sul perchè si guadagni meno, non solo rispetto a Bolzano, ma anche rispetto al resto d’Italia. I sindacati parlano di «bomba sociale» visto che l’inflazione viaggia a livelli decisamente più alti rispetto alla media nazionale.
Perini
«Servirebbe una “robin tax”: tassare di più chi ha di più. E uno stop ai contributi a pioggia»
«Il salario minimo dovrebbe partire dai minimi dei contratti collettivi nazionali, che vanno però valorizzati», sintetizza il pensiero dei tre sindacati confederali Andrea Grosselli. Il quale, proprio sui contratti collettivi, avanza una prima richiesta alla Provincia, presentata già da tempo insieme ai segretari generali della Uil, Walter Alotti, e della Cisl, Michele Bezzi. «Da un anno e mezzo c’è un disegno di legge proposto dal consigliere Olivi (del Partito Democratico, ndr) che chiede una cosa semplice: dare i contributi provinciali solo alle aziende che rispettano i contratti collettivi firmati dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, ma la giunta si è sempre opposta perché appesantirebbe il carico burocratico».
Nel frattempo la condizione salariale «sta diventando una bomba sociale, oltre che un rischio economico, per il Trentino». Nell’immediato i sindacati esortano la Provincia fare uno sforzo sul bonus bollette: innanzitutto semplificando le procedure, «perché ad oggi sulle circa 70.000 famiglie previste ne sono state raggiunte solo 1617.000».
Carmelo Salvo Tommaso Di Giannantonio