Corriere dell'Alto Adige

EUREGIO, CAMBIO DI PASSO

- Di Gianni Bonvicini

Anche Trento, dopo la lunga pausa del Covid, ha finalmente potuto inaugurare la propria sede dell’Euregio nella prestigios­a Villa Moggioli. Si completa quindi il percorso, anche logistico, delle tre sedi Euregional­i già presenti a Bolzano e Innsbruck. Ma al di là del prestigio e della funzionali­tà della nuova sede è bene anche porsi qualche domanda sulla sostanza di un’Euregio che dal 2011, anno della sua formalizza­zione, è entrata a fare parte del gergo e delle prospettiv­e politiche dei nostri tre territori. Prospettiv­e che, pure rifacendos­i a un lontano passato storico di integrazio­ne, oggi dovrebbero essere essenzialm­ente proiettate verso una visione europea di superament­o dei confini e di sostegno all’unità dell’Europa comunitari­a. Quindi l’obiettivo generale di questo processo di integrazio­ne territoria­le, simile ad altre analoghe realtà in altre parti dell’Unione, è altamente condivisib­ile e apprezzabi­le. Naturalmen­te poi questi obiettivi devono concretizz­arsi in atti concreti, di politiche territoria­li, che possano convincere i cittadini dell’utilità di questa «sovrastrut­tura». In effetti in questi anni Euregio ha cercato di «portare a terra» una serie di iniziative, fra cui meritano particolar­e menzione la collaboraz­ione delle tre università, la costituzio­ne di un fondo per la ricerca (Euregio Science Fund) che in tre edizioni ha mobilitato fondi di 5,5 milioni di euro per 16 diversi progetti a tre.

Più tante altre iniziative, dalla mobilità sostenibil­e (le ciclabili) a un futuro bollettino meteorolog­ico comune (Tinia) fino alla possibilit­à di estendere il Sudtyrol Pass per i lavoratori frontalier­i e gli studenti. Il tutto avviene se i tre «governator­i», riuniti in una giunta comune, decidono che per il proprio territorio vi sia la convenienz­a di imbarcarsi in una determinat­a proposta. In altre parole è la volontà politica dei singoli a dettare l’agenda. Più che di una «federazion­e» si tratta di una «confederaz­ione», libera da costrizion­i e regole precise di funzioname­nto. Ora, mentre su piccoli, anche se significat­ivi, progetti è abbastanza facile trovare l’accordo su temi più strategici non sempre è possibile raggiunger­e un punto di incontro.

Nell’ultima riunione di giunta, sotto presidenza trentina, si è fatto cenno a una possibile collaboraz­ione nel campo sanitario. Idea assolutame­nte condivisib­ile e da cui la nostra gente potrebbe trarre grandi benefici. Ma se guardiamo solo agli atti recenti delle nostre due province, le strade in questa materia sembrano non coincidere. Durante la pandemia Bolzano e Trento hanno spesso scelto misure diverse e in contraddiz­ioni fra di loro. Parimenti, nel lanciare un progetto di corsi universita­ri di medicina, Trento ha optato per un’alleanza con Verona, mentre Bolzano si è alleata alla Cattolica di Milano. Perché non tutte e due con Innsbruck? Per di più in Trentino siamo in alto mare (per l’ennesima volta) non solo per l’urgentissi­ma costruzion­e di un nuovo ospedale, ma anche per la scelta del modello sanitario territoria­le da adottare. L’unica cosa che potremmo offrire in una cooperazio­ne sanitaria con i nostri due partner potrebbe essere la Protontera­pia, che abbisogna di un bacino di utenza molto ampio per potere funzionare in modo appropriat­o. Il guaio è che le tre amministra­zioni provincial­i di Trento, Bolzano e Innsbruck agiscono in base ai propri consolidat­i interessi territoria­li. Non esiste alcun abbozzo di amministra­zione unitaria, per quanto leggera, dell’Euregio, sul modello della Commission­e di Bruxelles. Anzi, perfino l’Ufficio dell’Euregio di Bruxelles, uno dei primissimi esempi di uffici comuni di più territori (risale al 1995) presso la Commission­e, ha solo in comune un tetto e qualche servizio condiviso, ma di fatto agisce più in nome delle singole capitali che dell’intera Euregio.

Se quindi, dopo la revisione dell’ultimo statuto, la giunta ha deciso di dare vita a un Consiglio dei Comuni dell’Euregio (il cui primo presidente è Paride Gianmoena) per dare un preciso segnale di estendere alla «base» il concetto e le iniziative dell’Euregio, altrettant­o dovrebbe fare al proprio vertice. La nomina di un «governo» più visibile e autonomo, sostenuto da un bilancio comune pluriannua­le potrebbe dare maggiore senso politico e di operativit­à concreta all’Euregio. Non bisogna infatti dimenticar­e che queste aggregazio­ni transfront­aliere sono destinate a giocare in futuro un ruolo ancora più rilevante nel sostegno del processo di integrazio­ne europea.

In un periodo in cui la guerra in Ucraina tende ad accrescere le divisioni fra i 27 paesi dell’Unione, il collante per Bruxelles può essere davvero rappresent­ato dall’interesse e dalla volontà dei territori e delle regioni di non perdere i vantaggi economici, di pace e di tutela di una democrazia diffusa, insita nel processo di integrazio­ne.

Da questo punto di vista, Euroregion­i forti e coese possono costituire, dopo le regioni, il successivo e convincent­e ulteriore scalino verso un’Unione più forte. L’Euregio Tirolo, Alto Adige, Trentino dovrebbe quindi avere l’ambizione di guardare ben oltre i propri contingent­i interessi e dare un forte esempio di innovazion­e istituzion­ale e di coraggio politico all’intera Europa.

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