EUREGIO, CAMBIO DI PASSO
Anche Trento, dopo la lunga pausa del Covid, ha finalmente potuto inaugurare la propria sede dell’Euregio nella prestigiosa Villa Moggioli. Si completa quindi il percorso, anche logistico, delle tre sedi Euregionali già presenti a Bolzano e Innsbruck. Ma al di là del prestigio e della funzionalità della nuova sede è bene anche porsi qualche domanda sulla sostanza di un’Euregio che dal 2011, anno della sua formalizzazione, è entrata a fare parte del gergo e delle prospettive politiche dei nostri tre territori. Prospettive che, pure rifacendosi a un lontano passato storico di integrazione, oggi dovrebbero essere essenzialmente proiettate verso una visione europea di superamento dei confini e di sostegno all’unità dell’Europa comunitaria. Quindi l’obiettivo generale di questo processo di integrazione territoriale, simile ad altre analoghe realtà in altre parti dell’Unione, è altamente condivisibile e apprezzabile. Naturalmente poi questi obiettivi devono concretizzarsi in atti concreti, di politiche territoriali, che possano convincere i cittadini dell’utilità di questa «sovrastruttura». In effetti in questi anni Euregio ha cercato di «portare a terra» una serie di iniziative, fra cui meritano particolare menzione la collaborazione delle tre università, la costituzione di un fondo per la ricerca (Euregio Science Fund) che in tre edizioni ha mobilitato fondi di 5,5 milioni di euro per 16 diversi progetti a tre.
Più tante altre iniziative, dalla mobilità sostenibile (le ciclabili) a un futuro bollettino meteorologico comune (Tinia) fino alla possibilità di estendere il Sudtyrol Pass per i lavoratori frontalieri e gli studenti. Il tutto avviene se i tre «governatori», riuniti in una giunta comune, decidono che per il proprio territorio vi sia la convenienza di imbarcarsi in una determinata proposta. In altre parole è la volontà politica dei singoli a dettare l’agenda. Più che di una «federazione» si tratta di una «confederazione», libera da costrizioni e regole precise di funzionamento. Ora, mentre su piccoli, anche se significativi, progetti è abbastanza facile trovare l’accordo su temi più strategici non sempre è possibile raggiungere un punto di incontro.
Nell’ultima riunione di giunta, sotto presidenza trentina, si è fatto cenno a una possibile collaborazione nel campo sanitario. Idea assolutamente condivisibile e da cui la nostra gente potrebbe trarre grandi benefici. Ma se guardiamo solo agli atti recenti delle nostre due province, le strade in questa materia sembrano non coincidere. Durante la pandemia Bolzano e Trento hanno spesso scelto misure diverse e in contraddizioni fra di loro. Parimenti, nel lanciare un progetto di corsi universitari di medicina, Trento ha optato per un’alleanza con Verona, mentre Bolzano si è alleata alla Cattolica di Milano. Perché non tutte e due con Innsbruck? Per di più in Trentino siamo in alto mare (per l’ennesima volta) non solo per l’urgentissima costruzione di un nuovo ospedale, ma anche per la scelta del modello sanitario territoriale da adottare. L’unica cosa che potremmo offrire in una cooperazione sanitaria con i nostri due partner potrebbe essere la Protonterapia, che abbisogna di un bacino di utenza molto ampio per potere funzionare in modo appropriato. Il guaio è che le tre amministrazioni provinciali di Trento, Bolzano e Innsbruck agiscono in base ai propri consolidati interessi territoriali. Non esiste alcun abbozzo di amministrazione unitaria, per quanto leggera, dell’Euregio, sul modello della Commissione di Bruxelles. Anzi, perfino l’Ufficio dell’Euregio di Bruxelles, uno dei primissimi esempi di uffici comuni di più territori (risale al 1995) presso la Commissione, ha solo in comune un tetto e qualche servizio condiviso, ma di fatto agisce più in nome delle singole capitali che dell’intera Euregio.
Se quindi, dopo la revisione dell’ultimo statuto, la giunta ha deciso di dare vita a un Consiglio dei Comuni dell’Euregio (il cui primo presidente è Paride Gianmoena) per dare un preciso segnale di estendere alla «base» il concetto e le iniziative dell’Euregio, altrettanto dovrebbe fare al proprio vertice. La nomina di un «governo» più visibile e autonomo, sostenuto da un bilancio comune pluriannuale potrebbe dare maggiore senso politico e di operatività concreta all’Euregio. Non bisogna infatti dimenticare che queste aggregazioni transfrontaliere sono destinate a giocare in futuro un ruolo ancora più rilevante nel sostegno del processo di integrazione europea.
In un periodo in cui la guerra in Ucraina tende ad accrescere le divisioni fra i 27 paesi dell’Unione, il collante per Bruxelles può essere davvero rappresentato dall’interesse e dalla volontà dei territori e delle regioni di non perdere i vantaggi economici, di pace e di tutela di una democrazia diffusa, insita nel processo di integrazione.
Da questo punto di vista, Euroregioni forti e coese possono costituire, dopo le regioni, il successivo e convincente ulteriore scalino verso un’Unione più forte. L’Euregio Tirolo, Alto Adige, Trentino dovrebbe quindi avere l’ambizione di guardare ben oltre i propri contingenti interessi e dare un forte esempio di innovazione istituzionale e di coraggio politico all’intera Europa.