Tappeiner (Anm): «Misure cautelari, gravi conseguenze»
BOLZANO Stefan Tappeiner, giudice della sezione penale del tribunale di Bolzano, è presidente della sezione altoatesina dell’Associazione nazionale magistrati (Anm).
Dottor Tappeiner, il primo quesito si riferisce all’abolizione della legge Severino che stabilisce, tra le altre cose, l’incandidabilità di quegli amministratori che abbiano subito una condanna. Che posizione avete voi magistrati?
«Voglio precisare che l’Anm non dà una vera e propria indicazione di voto, ma sottolinea gli aspetto critici dei quesiti referendari. In merito a questo primo quesito, va sottolineato che le norme sull’incandidabilità non hanno natura penale né sanzionatoria, ma fanno discendere effetti amministrativi dal presupposto di una condanna. Se venisse abrogata la legge Severino, per esempio, un condannato per mafia, corruzione o altri gravi reati potrebbe nuovamente assumere delle cariche pubbliche».
Il secondo quesito, uno dei
più dibattuti, riguarda, la limitazione delle misure cautelari. Si chiede se cancellare il rischio di «reiterazione del reato» dalle motivazioni con cui i giudici possono decidere la custodia cautelare.
«Se vincesse i Sì e venisse raggiunto il quorum, in un altissimo numero di casi di gravi indizi, non potrebbe più venire applicata alcuna misura cautelare. Ci sarebbero quindi molte conseguenze negative: pensiamo ad un indagato per stalking oppure ad un incallito ladro d’abitazione, ai quali verrebbe così concessa la possibilità di proseguire nelle loro condotte criminose».
Il terzo punto riguarda voi magistrati. Va abolita la norma attuale che vi consente di passare, nel corso della carriera,
dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero e viceversa?
«Non credo che sarebbe corretto abolire la norma, anche perché le due funzioni sono di fatto già separate e ci sono dei vincoli molto rigidi per il passaggio da una funzione all’altra. Il referendum, al riguardo, è inutile e anche dannoso, perché una frattura totale dell’unico ordine giudiziario, come concepito dai padri costituenti, porrebbe le premesse per un futuro controllo politico del pubblico ministero. Credo che la strada corretta sia quella di mantenere giudici e pm sotto la “comune cultura della giurisdizione” che rappresenta una garanzia per i cittadini».
Anche il quarto quesito, sulla valutazione dei magistrati, vi riguarda da vicino: si chiede cioè se far valutare l’operato dei magistrati anche da professori universitari ed avvocati.
«Se passasse il sì, i cosiddetti “membri laici” non solo potrebbero esprimere il proprio voto di valutazione, ma senza neppure doverlo motivare con riferimento a fatti specifici: la valutazione di professionalità di un magistrato può quindi trasformarsi, in realtà, in un pericoloso strumento di pressione e condizionamento del magistrato stesso nel suo lavoro quotidiano».
Infine, con il quinto quesito, si intende porre fine al sistema delle correnti nella magistratura. Chi vota Sì vuole eliminare l’obbligo per il magistrato di procurarsi 25 firme per candidarsi al Csm.
«Si tratta di un quesito poco sensato: 25 firme sono così poche da rendere ininfluente questo dato rispetto all’appartenenza o meno ad una corrente».