STATISTI IGNORATI
De Varennes: «Ora c’è la responsabilità di condividerlo»
uesti tempi terribili in cui le armate di Putin invadono e bombardano l’Ucraina usando come motivazione la necessità di difendere la minoranza russofona del Donbass bistrattata da Kiev sembrano fatti apposta per esaltare il valore esemplare della speciale autonomia altoatesina. E cioè la tutela efficace di una minoranza che vive in terra straniera attraverso un forte autogoverno e un sistema di garanzie anche internazionali. E così inevitabilmente anche nella solenne cerimonia al Teatro comunale di Bolzano ha riecheggiato ieri il conflitto russo-ucraino e riproposto il modello altoatesino immaginando come sarebbe la situazione in quell’area se fosse stato adottato. Anzi c’è chi — come il ministro degli esteri italiano, Luigi Di Maio — sogna e si augura che questo modello possa ancora essere adottato da quelle parti. In realtà — protagonista anche Luis Durnwalder — il modello altoatesino era già stato sottoposto ai leader di quelle popolazioni. Ma la risposta — come sarebbe potuto accadere anche da noi se Magnago non fosse riuscito a far prevalere di misura il sì al Pacchetto autonomistico nel famoso congresso del suo partito nel 1969 — fu un rifiuto perché ogni possibile autonomia pareva troppo poco rispetto all’agognata indipendenza con ritorno alla madre Russia.
BOLZANO «In questa congiuntura internazionale difficile, il modello altoatesino di dialogo e convivenza pacifica è quantomai rilevante. Specie pensando all’aggressione russa in ucraina e ai possibili assetti futuri. Ogni possibile via d’uscita diplomatica passa, infatti, anche per una soluzione efficace del problema delle minoranze nel futuro assetto di pace. Quello altoatesino si propone come modello di riferimento in termini di protezione e convivenza pacifica nell’ambito di uno sviluppo armonioso e sostenibile». Il parallelo tra il conflitto (risolto) tra Italia e Austria sulla questione altoatesina, e quello irrisolto tra Ucraina e Russia
Il rappresentante Onu «Dialogo, flessibilità e pragmatismo consentono ai governi di evitare i conflitti»
è uno dei temi più ricorrenti nelle celebrazioni dei trent’anni della quietanza liberatoria. Lo traccia il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio. Lo traccia il suo omologo austriaco, Alexander Schallenberg. E Lo rilancia il rappresentante speciale delle Nazioni unite per le questioni delle minoranze, Fernand De Varennes, che parla anche della «responsabilità, per l’Alto Adige, di condividere con la comunità internazionale questo fulgido esempio per la risoluzione dei conflitti».
È un saluto in quattro lingue, il suo,. Francese, inglese, tedesco italiano. Per il rappresentante dell’Onu, l’autonomia altoatesina è «una lezione, per il resto del mondo, di come due governi possano evitare tensioni e conflitti pacificamente ed efficacemente, attraverso il dialogo, la flessibilità e il pragmatismo» Certo, però, quelli di Italia e Austria ci sono riusciti passione
sando anche attraverso il conflitto aperto tra i due gruppi etnici. Per arrivare al secondo statuto di autonomia del 1972, quello che ha portato dall’autonomia regionale a quella provinciale, l’Alto Adige è dovuto passare per gli attentati dinamitardi degli anni Sessanta. La stagione del terrorismo sudtirolese, iniziata con la «notte dei fuochi», tra l’11 e il 12 giugno 1961, quando quaranta tralicci dell’alta tenvennero fatti saltare in aria. E costata la vita a una quarantina di persone tra italiani e tedeschi, forze dell’ordine, terroristi e civili.
Perché si arrivasse a quel «fulgido esempio» che è oggi l’autonomia altoatesina, riconosce De Varennes, «ci sono voluti alcuni decenni, ma il risultato è stato uno statuto di autonomia, e una lunga serie di misure per la tutela della lingua e della cultura delle minoranze, sia nel diritto all’istruzione, sia nelle possibilità di occupazione secondo il sistema proporzionale». Un modello che ha portato vantaggi «sia alle minoranze che vivono sul territorio, sia per la popolazione in generale. Oggi celebriamo l’anniversario di un successo. Di un processo di pace e stabilità attraverso la giustizia e il rispetto dei diritti umani di tutti, specialmente delle minoranze». Non un punto d’arrivo, ma un processo «nel quale sia i governi italiano e austriaco, così come tutti i cittadini altoatesini, sono coinvolti nella sua implementazione, discussione e dialogo».
Un discorso mai tanto attuale. Per il rappresentante delle Nazioni unite, infatti, l’autonomia altoatesina è «una lezione per la risoluzione dei conflitti. Non solo all’interno dell’Europa, come quello cui stiamo assistendo tra Ucraina e Russia, ma anche per la comunità internazionale. Che oggi, ancor più di trent’anni fa, si trova a dover far fronte a molte situazioni che minano la pace e la stabilità. Abbiamo bisogno di buoni esempi, e l’Alto Adige, in questo, ha anche una precisa responsabilità: quella di condividere il proprio esempio per raggiungere quella che per l’Onu e la Dichiarazione universale dei diritti umani descrivono come pace e stabilità attraverso la giustizia».