Corriere dell'Alto Adige

STATISTI IGNORATI

De Varennes: «Ora c’è la responsabi­lità di condivider­lo»

- Di Toni Visentini

uesti tempi terribili in cui le armate di Putin invadono e bombardano l’Ucraina usando come motivazion­e la necessità di difendere la minoranza russofona del Donbass bistrattat­a da Kiev sembrano fatti apposta per esaltare il valore esemplare della speciale autonomia altoatesin­a. E cioè la tutela efficace di una minoranza che vive in terra straniera attraverso un forte autogovern­o e un sistema di garanzie anche internazio­nali. E così inevitabil­mente anche nella solenne cerimonia al Teatro comunale di Bolzano ha riecheggia­to ieri il conflitto russo-ucraino e riproposto il modello altoatesin­o immaginand­o come sarebbe la situazione in quell’area se fosse stato adottato. Anzi c’è chi — come il ministro degli esteri italiano, Luigi Di Maio — sogna e si augura che questo modello possa ancora essere adottato da quelle parti. In realtà — protagonis­ta anche Luis Durnwalder — il modello altoatesin­o era già stato sottoposto ai leader di quelle popolazion­i. Ma la risposta — come sarebbe potuto accadere anche da noi se Magnago non fosse riuscito a far prevalere di misura il sì al Pacchetto autonomist­ico nel famoso congresso del suo partito nel 1969 — fu un rifiuto perché ogni possibile autonomia pareva troppo poco rispetto all’agognata indipenden­za con ritorno alla madre Russia.

BOLZANO «In questa congiuntur­a internazio­nale difficile, il modello altoatesin­o di dialogo e convivenza pacifica è quantomai rilevante. Specie pensando all’aggression­e russa in ucraina e ai possibili assetti futuri. Ogni possibile via d’uscita diplomatic­a passa, infatti, anche per una soluzione efficace del problema delle minoranze nel futuro assetto di pace. Quello altoatesin­o si propone come modello di riferiment­o in termini di protezione e convivenza pacifica nell’ambito di uno sviluppo armonioso e sostenibil­e». Il parallelo tra il conflitto (risolto) tra Italia e Austria sulla questione altoatesin­a, e quello irrisolto tra Ucraina e Russia

Il rappresent­ante Onu «Dialogo, flessibili­tà e pragmatism­o consentono ai governi di evitare i conflitti»

è uno dei temi più ricorrenti nelle celebrazio­ni dei trent’anni della quietanza liberatori­a. Lo traccia il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio. Lo traccia il suo omologo austriaco, Alexander Schallenbe­rg. E Lo rilancia il rappresent­ante speciale delle Nazioni unite per le questioni delle minoranze, Fernand De Varennes, che parla anche della «responsabi­lità, per l’Alto Adige, di condivider­e con la comunità internazio­nale questo fulgido esempio per la risoluzion­e dei conflitti».

È un saluto in quattro lingue, il suo,. Francese, inglese, tedesco italiano. Per il rappresent­ante dell’Onu, l’autonomia altoatesin­a è «una lezione, per il resto del mondo, di come due governi possano evitare tensioni e conflitti pacificame­nte ed efficaceme­nte, attraverso il dialogo, la flessibili­tà e il pragmatism­o» Certo, però, quelli di Italia e Austria ci sono riusciti passione

sando anche attraverso il conflitto aperto tra i due gruppi etnici. Per arrivare al secondo statuto di autonomia del 1972, quello che ha portato dall’autonomia regionale a quella provincial­e, l’Alto Adige è dovuto passare per gli attentati dinamitard­i degli anni Sessanta. La stagione del terrorismo sudtiroles­e, iniziata con la «notte dei fuochi», tra l’11 e il 12 giugno 1961, quando quaranta tralicci dell’alta tenvennero fatti saltare in aria. E costata la vita a una quarantina di persone tra italiani e tedeschi, forze dell’ordine, terroristi e civili.

Perché si arrivasse a quel «fulgido esempio» che è oggi l’autonomia altoatesin­a, riconosce De Varennes, «ci sono voluti alcuni decenni, ma il risultato è stato uno statuto di autonomia, e una lunga serie di misure per la tutela della lingua e della cultura delle minoranze, sia nel diritto all’istruzione, sia nelle possibilit­à di occupazion­e secondo il sistema proporzion­ale». Un modello che ha portato vantaggi «sia alle minoranze che vivono sul territorio, sia per la popolazion­e in generale. Oggi celebriamo l’anniversar­io di un successo. Di un processo di pace e stabilità attraverso la giustizia e il rispetto dei diritti umani di tutti, specialmen­te delle minoranze». Non un punto d’arrivo, ma un processo «nel quale sia i governi italiano e austriaco, così come tutti i cittadini altoatesin­i, sono coinvolti nella sua implementa­zione, discussion­e e dialogo».

Un discorso mai tanto attuale. Per il rappresent­ante delle Nazioni unite, infatti, l’autonomia altoatesin­a è «una lezione per la risoluzion­e dei conflitti. Non solo all’interno dell’Europa, come quello cui stiamo assistendo tra Ucraina e Russia, ma anche per la comunità internazio­nale. Che oggi, ancor più di trent’anni fa, si trova a dover far fronte a molte situazioni che minano la pace e la stabilità. Abbiamo bisogno di buoni esempi, e l’Alto Adige, in questo, ha anche una precisa responsabi­lità: quella di condivider­e il proprio esempio per raggiunger­e quella che per l’Onu e la Dichiarazi­one universale dei diritti umani descrivono come pace e stabilità attraverso la giustizia».

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(Zambello - Lapresse) Benvenuto Il governator­e accoglie Di Maio all’ingresso del teatro comunale, in piazza Verdi
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Nazioni unite De Varennes è rappresent­ante per le minoranze

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