Autonomia erosa, assist da Vienna Schallenberg: lo Statuto va adeguato
Il ministro austriaco rilancia le richieste di Kompatscher. Il governatore: serve una soluzione per il bene di tutti
Sono mesi che, negli incontri con il governo, il presidente Arno Kompatscher pone la questione delle competenze tagliate dalla Corte costituzionale nel 2001, ottenendo solo generici impegni ad approfondire la questione. E così, di fronte all’immobilismo di Roma, Kompatscher ha deciso — seppur con tutto il garbo istituzionale possibile — di utilizzare la giornata di festa per i 30 anni della quietanza liberatoria per coinvolgere Vienna nella partita, chiedendo e ottenendo l’intervento dell’Austria. É stato proprio il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg, a rilanciare le richieste del governatore, sostenendo che l’autonomia non debba cristallizzarsi, «altrimenti finirebbe col venire erosa. L’autonomia deve restare flessibile, efficiente, deve adattarsi. E in questo, c’è una responsabilità comune dei politici come dei cittadini, da una parte e dall’altra del Brennero».
Parole di sibillina cordialità, tutte da interpretare. Anche perché, nemmeno durante la mezz’ora di «punto stampa», c’è stato tempo per le domande dei giornalisti. Così come non c’è stato dopo l’incontro, a porte chiuse, tra Kompatscher, i ministri degli Esteri di Italia e Austria, Luigi Di Maio e Alexander Schallenberg, e il rappresentante speciale delle Nazioni unite per le questioni delle minoranze, Fernand De Varennes.
Sono passati trent’anni dalla quietanza liberatoria. Cinquanta dal secondo statuto di autonomia. Dopo quello del 1948, che sanciva un’autonomia regionale, la questione altoatesina, con la tutela della minoranza tedesca, era rimasta irrisolta. Questione che l’Austria portò alle Nazioni unite nel 1960, aprendo una vertenza che, dopo un decennio di tensioni e attentati dinamitardi, consentì di arrivare al secondo statuto di autonomia (stavolta provinciale), nel 1972. Portato a compimento vent’anni dopo, con le relative norme d’attuazione, e la chiusura della vertenza all’Onu. La data è quella, appunto, dell’11 giugno 1992, quando il ministro degli Esteri austriaco, Alois Mock, consegnò all’ambasciatore italiano la quietanza liberatoria che pose fine alla vertenza aperta trent’anni prima.
«Siamo un esempio per tutto il mondo — afferma Kompatscher — di come risolvere i conflitti, da un lato garantendo la conservazione della lingua e della cultura delle minoranze, dall’altra offrendo uno strumento di sviluppo per tutti i gruppi linguistici conviventi all’interno del territorio. Anche per i nuovi cittadini». Ma per il governatore, l’anniversario della quietanza liberatoria è stata l’occasione, oltre che per scambiarsi reciproche pacche sulle spalle con Schallenberg e Di Maio, anche per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Rilanciano la richiesta di maggiori competenze. «Lo sviluppo dell’autonomia non è un processo che si è chiuso nel 1992 — dice —. Anche oggi c’è la necessità di intervenire. La riforma costituzionale del 2001 ha eroso, in certi settori, le competenze concesse nel 1992. Sono convinto che le celebrazioni siano un’occasione di dialogo, scambio e fiducia reciproca, per trovare la soluzione per il bene delle persone e dello sviluppo di un modello che dovrebbe accomunare tutto il mondo».
Anche Schallenberg insiste sul concetto di autonomia come processo, non come punto d’arrivo. «Non è scontato che, in una situazione di conflitto, si arrivi a una
soluzione come quella altoatesina — afferma —. Basta guardare all’Ucraina, dove nemmeno il riconoscimento di un popolo libero appare scontato. E dove il revisionismo è all’ordine del giorno». In Alto Adige, «abbiamo scelto un’altra via. Vienna, Roma e Bolzano hanno trovato una soluzione attraverso la fiducia, il rispetto reciproco e la disponibilità al compromesso. Il che ha creato una situazione “win-win”: basta girare per le strade, per capire che qui si sta bene».
Italia e Austria, gli fa eco Di Maio, «si sono impegnate anche a livello internazionale per una soluzione comune, di cui condividono la responsabilità storica, con il pieno coinvolgimento delle popolazioni locali». Ma sulla domanda circa il ripristino delle competenze, glissa. «Quella conclusa con l’approvazione del secondo statuto di autonomia — conclude — è una soluzione coerente con il principio di risoluzione pacifica delle controversie e con principi stabiliti dalla Costituzione, nel pieno rispetto della sovranità italiana».