I progetti di Andreaus: «Riaprirò la Torre Civica»
Da ottobre alla guida dell’istituzione. «Spazio ai social, vorrei catturare un nuovo pubblico» Il direttore del Museo Diocesano di Trento: «La sfida della modernità»
Guarda piazza Duomo dall’alto della Torre Civica, ancora chiusa al pubblico dopo l’incendio del 2015. E commenta: «È il salotto della città ed è quasi sempre un cantiere. Prima il Festival dell’economia, poi le Vigiliane, e avanti. Mi piacerebbe che in certi momenti dell’anno risultasse vuota agli occhi dei turisti, ma anche di noi trentini. E così, tra l’altro, si vedrebbero meglio pure le entrate del museo. Si potrebbe usare più spesso piazza Fiera». Da metà ottobre dello scorso anno Michele Andreaus è il direttore del Museo Diocesano, dopo che per 32 anni la guida è stata Domenica Primerano. Concludendo il ragionamento, il direttore aggiunge: «Ne sto parlando con il sindaco Ianeselli. Vedrà che qualche novità ci sarà, nei prossimi mesi, di comune accordo con palazzo Thun, ovviamente. Anche per la riapertura della Torre Civica, che è di proprietà municipale e di Porta Veronensis».
Il prossimo anno il Museo Diocesano compie 120 anni. Avete già pensato di festeggiarli?
«Certo, ma mi permetta di non entrare nei dettagli, stiamo ancora elaborando molte cose. Però posso dirle che stiamo lavorando con la Segreteria di Stato del Vaticano su un’idea molto forte e impegnativa».
In questi pochi mesi come si è mosso all’interno di queste «sacre stanze»?
«All’inizio, ero emozionato. Poi ho cercato di ricostituire un clima interno sereno e propositivo, facendo in modo che chi lavora qui ne fosse entusiasta dando a tutti le proprie responsabilità, valorizzando le professionalità e facendo gioco di squadra. Ho poi rinsaldato tutta una serie di rapporti con gli altri musei e le istituzioni del territorio, dal Comune di Trento a quello di Villalagarina,
dalla Provincia al Capitolo del Duomo. Il nostro è un museo piccolo ma con una sua identità ed è necessario lavorare in rete».
Lei ha una formazione economica, è docente di economia aziendale all’università di Trento. Cosa le ha fatto accettare quest’incarico? Passione per l’arte, curiosità?
«Senz’altro la curiosità, ma anche il desiderio di esplorare mondi al di fuori della mia comfort zone».
Ha raccolto un’eredità significativa, quella della precedente direttrice, Domenica Primerano. Nel segno della continuità o della discontinuità?
«Direi all’insegna dell’evoluzione. Non rinnego certo il passato. È stato importante e ha permesso di valorizzare il museo. Lo vedo come un punto di partenza che ci assegna una forte responsabilità nel mantenere tutto quanto è stato fatto di buono. Ma andando avanti».
In un mondo che va a ritmo di social che funzione può svolgere un museo come il Diocesano?
«È una funzione estremamente importante. Vedo questo museo, insieme a tutta la mia squadra, come un luogo di elaborazione e approfondimento del pensiero. Nello stesso tempo, non rinneghiamo la contemporaneità, di cui i social sono un espressione significativa. Anzi, è un aspetto della comunicazione importante di cui dobbiamo occuparci con maggiore efficacia. Però, lo ripeto, la società di oggi ha bisogno di riflessioni e conoscenza del passato per meglio capire il presente e leggere il futuro».
Quali sono gli obiettivi di quest’anno?
«Dobbiamo portare avanti i lavori di manutenzione di palazzo Pretorio che in passato, forse, è stato un po’ trascurato. Con l’allestimento sull’iconografia di Trento abbiamo approfittato per rifare gli impianti luminotecnici così da risparmiare il 90 per cento di corrente elettrica ma anche per riaprire delle finestre su piazza Duomo e via Garibaldi. E poi una gestione termica dell’edificio che sia più efficiente ed efficace. Inoltre, aspettiamo un Pnrr per i musei, che per adesso non c’è, per poter mettere in cantiere altri lavori necessari».
E per quanto riguarda la proposta museale?
«È importante che al museo arrivi un pubblico che non lo conosce. Solo a Trento, per molti è così. Bisogna trovare delle “scuse”, uso questo termine per farmi capire, per portare dentro le nostre stanze gente nuova. In questo senso anche le cene del Concilio aiutano. Non è solo un appuntamento gastronomico ma anche una visita al museo e un giro per la città, guidati. Da ottobre, poi, ci sarà una mostra sulle opere di Vittorio Melchiori, pittore trentino ingiustamente dimenticato. L’obiettivo è superare i 59 mila visitatori del 2019, ultimo anno prepandemico».
L’«azionista di maggioranza», l’arcivescovo Lauro Tisi, le dà qualche consiglio?
«Consigli direi di no. Tra di noi c’è un rapporto sereno e un ottimo dialogo. E una condivisione sulle scelte più importanti da prendere per il museo».
Obiettivi? Apertura, dialogo e prospettiva basata sulla conoscenza della storia
Tre parole «stelle polari» della sua direzione.
«Apertura, dialogo e prospettiva futura basata sulla conoscenza della storia».