Corriere dell'Alto Adige

Sinner prepara l’erba inglese e cambia il preparator­e

- Francesco Barana

L’erba voglio cresce anche nel giardino di Jannik Sinner. Che dopo i guai fisici e qualche titubanza (vedi la rinuncia ad Halle, dov’era già iscritto) ha scelto di disputare la stagione sul prato che ha il suo culmine a Wimbledon dal 27 giugno al 10 luglio. Il Rosso di Sesto Pusteria, la cui ultima apparizion­e risale al 30 maggio negli ottavi di finale del Roland Garros, quando in vantaggio si era ritirato per un infortunio al ginocchio contro Rublev, tornerà in campo lunedì a Eastbourne (Atp 250). «Il mio ginocchio sta molto meglio – ha scritto sui social – e assieme al mio team ci stiamo preparando per Eastbourne. Non vedo l’ora di giocare sull’erba». Team che, dopo l’addio di febbraio del giocatore a coach Piatti e staff, ha subito nuovi cambiament­i. Ha lasciato, per motivi di salute, il fisioterap­ista Paolo Cadamuro ed è entrato Jérome Bianchi, già collaborat­ore del coach di Sinner, Vagnozzi, con Cecchinato nel 2018, quando Ceck arrivò in semifinale al Roland Garros. Ma soprattutt­o c’è il nome di Umberto Ferrara, altra vecchia conoscenza di Vagnozzi, come nuovo preparator­e atletico. Il nuovo staff dovrà migliorare la tenuta muscolare, articolare e posturale di Sinner, quest’anno alle prese con troppi stop che gli hanno pregiudica­to possibili finalissim­e in un Masters 1000 (Miami) e in uno Slam (Parigi). Sul piano tecnico invece va superata la storica idiosincra­sia di Jannik all’erba, superficie nella quale non ha mai vinto un match di tabellone nel tour. Nel 2019 perse al primo turno da Jarry a Hertogenbo­sch in Olanda. Eliminazio­ni immediate anche l’anno scorso al Queen’s contro Draper e a Wimbledon contro Fucsovics. Il nostro numero 12 del mondo però ha migliorato i fondamenta­li che servono, dal rovescio in slice alla smorzata, mentre il servizio sul prato richiede più continuità. Sinner cerca fiducia, proiettato a Wimbledon: a Church Road non ci saranno i punti Atp, ma quello, come diceva lo scriba Clerici, «è più di un torneo, è una religione».

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