GLI ESAMI E IL NUOVO LEGAME
Inesorabile anche quest’anno è arrivato il momento degli esami di maturità. Già molto inchiostro è scorso per informare e valutare questa nuova scadenza, con una rinnovata querelle circa la sua configurazione in quella che ormai possiamo definire l’età del Covid. C’è questa congiuntura che pesa e, in una certa misura, affligge candidati e commissioni d’esame. A dire il vero c’è anche un surplus di retorica e lamentazioni che nuoce, perché restringe la lettura dell’esame ad una questione di procedure, misure di sicurezza, opportunità, riserve di principio. Rischia così di essere svilito un appuntamento che va ben oltre il dato cronologico e quantitativo e resiste all’usura delle stagioni, perché — in fondo — conserva alcune vene durature. Se c’è un accordo quasi unanime su una contingenza che scompagina e costringe a riscrivere in gran parte il profilo degli adolescenti, stretti fra normalità e trasgressione, fra affermazione di sé e inedite fragilità, fra ricerca di rifugi e voglia di scoprire e percorrere strade non note, non è annullato il senso di un approdo che cambia le sorti di ognuno. C’è già un sentimento di attesa che cresce e la consapevolezza, netta o in controluce, che con la fine della scuola superiore si chiude un’avventura della vita e se ne apre un’altra. Come già hanno spiegato molto bene Marco Aime e Gustavo Pietropolli Charmet nel loro «La fatica di diventare grandi» l’Esame di Stato è uno pochi riti di passaggio che ancora resistono alle temperie dei giorni nostri, alla scomparsa dei conflitti fra generazioni.