«Chiedo perdono ai familiari di Fatima»
Femminicidio di Versciaco, Zeeshan a sorpresa prende la parola in udienza
Colpo di scena in tribunale a Bolzano nel corso del processo a carico di Mustafa Zeeshan, il quarantenne pachistano accusato dell’omicidio volontario aggravato di sua moglie Fatima. Mustafa finora non aveva mai parlato al processo né ha mai ammesso di essere l’autore del delitto. Ieri a sorpresa ha detto in aula: «Chiedo perdono a Dio e ai familiari di Fatima». I parenti della vittima non credono alla tesi della difesa di un omicidio «involontario» nel sonno.
BOLZANO «Chiedo perdono a Dio e ai familiari di Fatima». Quando Mustafa Zeeshan pronuncia queste parole, seduta di fronte a lui, nell’aula della Corte d’assise di Bolzano, c’è proprio la mamma di Fatima: la signora Neelam Karamat non guarda però nemmeno in faccia quell’uomo, suo genero, accusato di avere ucciso Fatima in maniera brutale, picchiandola e soffocandola nella loro casa di Versciaco. Lei aveva 28 anni ed era incinta all’ottavo mese.
L’intervento di Mustafa è stato un vero e proprio colpo di scena durante il processo che lo vede imputato di omicidio volontario aggravato. Finora infatti il quarantenne pachistano non aveva mai parlato al processo né ha mai ammesso di essere l’autore del delitto. Ieri però ha chiesto a sorpresa di poter fare delle dichiarazioni spontanee nel corso dell’udienza, che era dedicata all’audizione dei familiari di Fatima: i genitori, cioè il papà Alì Bajwa e la mamma Neelam, le due sorelle Irfan e Iqra, e i due fratelli, Hamza e Alì Hassan. La famiglia Karamat, che si è costituita parte civile, era giunta appositamente dal Pakistan per deporre al processo. Vivono a Sialkot, una città situata nella regione di Punjab. Ieri i familiari della vittima hanno raccontato, uno dopo l’altro, che quello tra Fatima e Mustafa non era un matrimonio felice. «Lei viveva reclusa in casa, non poteva mai uscire, non conosceva nessuno, doveva solo stare chiusa in casa e lavorare, quasi come una schiava» ha detto un fratello. Una sorella ha aggiunto: «Lei non poteva fare niente, non era nemmeno libera di telefonarci: lo faceva quando Mustafa era assente, e appena lui rincasava lei interrompeva la videochiamata. Lui la chiudeva a chiave in casa, e le rinfacciava perfino i costi della spesa quotidiana». Dalle testimonianze è emerso che i suoceri di Fatima consideravano la ragazza la rovina del loro figlio. Il quadro descritto dai familiari della vittima è risultato particolarmente pesante nei confronti dell’imputato, che ha poi deciso d’intervenire appena è stato annunciato l’ingresso in aula, come testimone, della mamma di Fatima. Mustafa ha chiesto di poter parlare alla suocera. Il giudice Carlo Busato ha ricordato che non poteva dar vita ad un colloquio, ma solo fare delle dichiarazioni spontanee. Mustafa ha così dichiarato al microfono nella sua lingua (tradotto dall’interprete): «Porgo le mie condoglianze e chiedo scusa dal profondo del mio cuore per quello che è successo. Chiedo molte volte scusa alla mamma di Fatima e a tutta la sua famiglia. Mi dispiace. Se loro vogliono un aiuto di qualsiasi tipo io sono disponibile di dare una mano per qualsiasi cosa. Chiedo perdono a Dio e a loro, chiedo scusa. Quello che sento dentro di me nessuno lo sa, però io chiedo scusa - ha concluso Mustafa Io so come sarà il loro dolore, di una persona che perde la propria figlia. Ringrazio la corte, gli avvocati e tutte le persone che mi stanno aiutando».
Una richiesta di perdono che non sembra essere stata accolta dai parenti di Fatima, che a margine dell’udienza hanno dichiarato: «Vogliamo giustizia e non crediamo affatto alla tesi della difesa, che lui l’avrebbe uccisa nel sonno senza volerlo. Fatima era una brava ragazza, intelligente, lavorava come maestra elementare. Ma dopo il matrimonio combinato con Mustafa la sua vita era cambiata in peggio. E alla fine lui l’ha uccisa».