Nobel e omicidi
Einstein investiga delitti e misteri Esce il romanzo giallo di Bucchi Paura e dubbi etici a Stoccolma: chi vuole intimorire gli scienziati?
Un omicidio scuote l’atmosfera rarefatta del premio Nobel all’Accademia Reale delle Scienze di Svezia. Ma non è l’unico. I morti sono tanti, a pochi giorni dalla cerimonia che vedrà riuniti i più grandi scienziati del mondo.
È il dicembre 1925 e tra i delitti si trova coinvolto Albert Einstein (Premio Nobel per la Fisica 1921) con il suo allievo, il fisico Leò Szilàrd. Cosa c’è dietro questi omicidi? E chi vuole impedire alle menti più brillanti dell’epoca di incontrarsi?
Ruota intorno a questi misteri il nuovo romanzo di
Massimiano Bucchi Giocare a dadi col mondo. Un’indagine di Einstein a Stoccolma (Bompiani, 163 pagine, 16 euro). Dopo tanti saggi scientifici, con questo libro Bucchi esordisce nella fiction: un giallo dal solido costrutto scientifico, in cui luoghi, ambientazione, personaggi e dialoghi sono basati su storia e scienza. La vicenda corre sul filo dell’adrenalina.
Bucchi, come è nata l’idea di ambientare un libro giallo all’interno dell’ambiente dei premi Nobel?
«È una storia a cui pensavo da molto tempo. Lo spunto è nato perchè quello della scienza è un mondo che conosco bene. È da più di vent’anni che studio premi Nobel. Mi incuriosiva l’affinità che c’ è tra indagine scientifica e indagine investigativa. Dopo tutto anche la figura di Sherlock Holmes, di Arthur Conan Doyle, è ispirata a un medico scienziato».
Nel romanzo ha scelto Einstein come «investigatore» e non altri. Perchè?
«Perchè Einstein l’ho studiato a lungo. E perchè è una figura celebre e nota, immediatamente riconoscibile anche da chi non studia la scienza e gli scienziati. Tanti dialoghi e vicende di Einstein sono basati su fatti realmente accaduti o su cose che ha detto davvero. Mi piaceva l’idea di renderlo più umano e accessibile attraverso questo romanzo».
Gli omicidi della storia sono ispirati a esperimenti scientifici celebri...
«Una delle idee più forti di questo romanzo è fare conoscere la scienza attraverso gli omicidi ispirati a esperimenti scientifici. E poi c’è un tema più esistenziale che affronto: la voce narrante fa riflettere su destino collettivo e scelte individuali».
Gli scienziati sono sempre visti come distratti, geniali ma chiusi in un loro mondo
settoriale. Invece Einstein riuscirà a fare chiarezza sugli omicidi
«Einstein è un genio distratto, ma il suo “Watson”, l’allievo Leò Szilàrd, lo aiuterà a essere più concreto. In realtà sarà Szilàrd a portarlo a vedere con più chiarezza ciò che sta accadendo».
Il romanzo è ambientato nel 1925, ma i temi che affronta sono molto contemporanei: scienza e armamenti, guerra e sperimentazione scientifica.
«Sì c’è molta contemporaneità. Ma sono temi universali. Oggi si è capito molto di più sul ruolo e la responsabilità della scienza».
È più difficile scrivere un saggio scientifico, come ha fatto finora, o un romanzo giallo?
«Finora ho scritto saggi, ma questa storia ce l’ho sempre avuta in mente. Costruirla narrativamente non è stato facile. Ho fatto diversi sopralluoghi a Stoccolma. E ho creato dialoghi, abiti, luoghi in modo che fossero tutti congrui all’epoca in cui ho ambientato la storia, il 1925 appunto. E naturalmente ho rispettato la costruzione narrativa dei gialli classici».
La baronessa von Gutter, personaggio chiave, dice a un certo punto della storia che «gli scienziati sono ingenui, conoscono solo un pezzetto dell’universo e pensano di sapere tutto».
«È una frase contestualizzata in quel particolare dialogo. Comunque Einstein rivela di essere geniale e profondo, ma politicamente molto ingenuo, come quando scrisse la famosa lettera sulla bomba atomica».