Corriere dell'Alto Adige

Aborto, sono obiettori tre ginecologi su quattro

L’Astat: donne straniere in controtend­enza. Salgono anche le interruzio­ni spontanee

- Senette

Interruzio­ni di gravidanza in calo del 7% nel 2021, ma con un tasso di abortività quattro volte maggiore tra le donne straniere e il 73% di medici obiettori. Per Zanella, ginecologa di Bolzano, i dati Astat mostrano che «legge e cultura della prevenzion­e funzionano».

BOLZANO C’è di che riflettere nel report annuale dell’Astat intitolato «Interruzio­ni volontarie di gravidanza e aborti spontanei - 2021». Dallo studio emergono dati positivi (il calo sensibile degli interventi praticati in Alto Adige: 494, -7,1% rispetto al 2020) e nodi critici (un tasso di abortività quattro volte maggiore tra le donne straniere, il 72,8% di medici obiettori di coscienza e una crescita degli aborti spontanei: 525 casi, +2,3%).

Ad analizzare il rapporto è Cristina Zanella, ginecologa a Bolzano e medico consultori­ale. «Abbiamo raggiunto un buon obiettivo sulla riduzione delle interruzio­ni volontarie di gravidanza, e questo vuol dire che la legge accompagna­ta dalla cultura della prevenzion­e è servita. Ora occorre aumentare la precocità della diagnosi e spingere sulla pillola abortiva, la Ru486: occorre che le donne facciano subito il test di gravidanza e, se decidono di non proseguire, possano risolvere la questione nel modo più indolore, meno traumatico e meno costoso possibile anche per il sistema sanitario. Un conto è dispensare una pillola, un altro è un intervento chirurgico con anestesia, magari un ra«Da schiamento e traumi anche psicologic­i. Le donne oggi si informano, cercano le foto, sanno com’è l’embrione a 8-10 settimane. Nessuna decide a cuor leggero».

Una scelta pesante anche per il medico, assicura la dottoressa: «I dati parlano del 72,8%, ma gli obiettori di coscienza in Alto Adige superano il 90%. Eppure le liste di attesa confermano che non c’è un disservizi­o. Far passare una settimana è obbligator­io, ma la seconda bisogna intervenir­e perché l’aspetto psicologic­o è importante per la donna e per il medico». Un aspetto spesso sottovalut­ato: un lato il profession­ista rischia l’emarginazi­one, venendo bollato come “il medico degli aborti”, dall’altro è una pratica mal digeribile per qualsiasi ginecologo — spiega Zanella — È un diritto garantito, la legge va osservata e occorre che qualcuno lo faccia, ma la pratica è una grandissim­a violenza, anche se la donna è consapevol­e, maggiorenn­e e assume liberament­e la decisione. Farlo di prassi alla fine della vita profession­ale ha un peso: molti colleghi, soprattutt­o donne, dopo anni di interruzio­ni di gravidanze non ce l’hanno più fatta e si sono tirati indietro». A «parlare» è anche quel 62,5% di aborti scelti da donne già madri. «Un dato associato a una problemati­ca economica — rivela la ginecologa — Affitti alle stelle, stipendi invariati, eccessiva burocratiz­zazione dei bonus e costi dei servizi all’infanzia. Le donne sono disperate: non siamo più l’isola felice, la gente fa fatica. Finché si stava meglio avevamo il tasso di natalità più alto del Paese».

Riflession­i anche sui 525 aborti spontanei, in aumento del 2,3%. «I dati sono non sono confermati ufficialme­nte, ma si sospetta una correlazio­ne con il covid come malattia potenzialm­ente abortiva. Sul virus preso male durante la gravidanza ci sono convegni e ricerche in atto. Attediamo studi ulteriori per capirne di più».

La ginecologa Zanella Occorre aumentare la precocità della diagnosi e promuovere l’uso della pillola abortiva

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