Bettio, il pacificatore: «Pd, serve unità»
Il commissario inviato in Alto Adige da Letta: coalizione ampia alle elezioni del 2023
Un compito «arduo, non impossibile» attende Bettio, neo eletto commissario politico del Pd altoatesino, visto il doppio appuntamento elettorale del prossimo anno (quando si voterà sia per le politiche, sia per le provinciali): ricompattare il partito. «Vanno recuperati collegialità e visione unitaria — dice —. Solo così possiamo presentarci come soggetto attrattivo per le elezioni ed essere perno di una coalizione più ampia».
BOLZANO «Qualcuno, di un altro schieramento, mi ha mandato gli auguri “per questo arduo compito”. Ma io dico che se è arduo, e non impossibile, allora si può fare». Le prime parole di Carlo Bettio, all’indomani della nomina, da parte del segretario nazionale Enrico Letta, a commissario politico del Pd altoatesino, sono all’insegna dell’ottimismo. «Vanno recuperati collegialità e visione unitaria — dice —. Solo così possiamo presentarci come soggetto attrattivo per le elezioni del prossimo anno, politiche e provinciali, ed essere perno di una coalizione più ampia. L’idea di un dialogo con un soggetto diviso al suo interno non sta in piedi, dal punto di vista logico prima ancora che politico».
Bettio, il suo “soggiorno” altoatesino si prolunga...
«L’8 gennaio sono stato nominato commissario ad acta. Poi la proroga fino ad aprile. Il commissariamento politico, per accompagnare il partito alle politiche e alle provinciali, era nell’aria».
Perché non è stato possibile arrivare al congresso?
«Ho sempre spinto per una ricostruzione unitaria, che non significa necessariamente arrivare a un candidato unico. Ma personalismi e risentimenti non strettamente legati a temi d’attualità, hanno avuto strascichi troppo lunghi».
Di candidati ce n’erano due, infatti: Huber e Spagnolli.
«Sveliamo un mistero: si era cercato di costruire la candidatura di Spagnolli, ma né lui, né nessun altro aveva depositato le firme per proporsi. Il congresso si sarebbe svolto in un clima di incertezza, quello che sembrava un’impasse dovuto al regolamento, in realtà, nascondeva un’impasse politico».
C’è da mettere mano anche al regolamento?
«Non sono qui per attività di cosmetica. Andremo al congresso quando ci saranno le condizioni politiche per farlo, e nel frattempo sistemeremo il regolamento. Non solo quello del congresso, ma anche quello del tesseramento. Va messa mano a tutta la struttura organizzativa».
Come si fa da paciere in un partito spaccato in due?
«In realtà ci sono più linee di frattura. Vogliamo ricostruire un clima politico, suggerendo un metodo di lavoro e ritrovando la dimensione del “noi”. La settimana prossima nominerò il nuovo comitato politico, con incarichi ad hoc per dare spazio a sensibilità politiche diverse. La prima fase di lavoro sarà di ascolto, sul territorio e sul campo delle alleanze, per affrontare al meglio le elezioni del 2023. E per rimettere in pista il partito nei circoli e sul territorio, a partire dalla Bassa Atesina».
Con chi dialogherete?
«Col centro-sinistra, fino a lambire il campo delle civiche. E poi con l’Svp, interlocutore imprescindibile, e dal quale sono già arrivati segnali di apertura verso la nostra forza politica, dopo l’esperienza fallimentare con la Lega, in Provincia. Insieme, governiamo già a Bolzano».
Prematuro parlare di strategie?
«E presuntuoso. Sarebbe come dire che ho la bacchetta magica. Ma non è troppo presto per costruire le condizioni per elaborarle».
Il commissariamento potrebbe indebolire il partito?
«Spero di no. È un percorso già intrapreso a Caserta, Venezia e in Valle d’Aosta. E che sta dando i suoi frutti: a Taranto, il Pd ha vinto al primo turno dopo un periodo molto più burrascoso di quello dell’Alto Adige».