«Più spazio di sviluppo e sostegni mirati all’economia sociale»
Borzaga: Sait? Ha seguito l’interesse dei consumatori
TRENTO Professor Carlo Borzaga, sono passati 14 anni dalla nascita di Euricse e ora Mario Diani sarà presidente e lei resterà guida emerita. Ci può raccontare come nacque l’idea della fondazione?
«Euricse nasce come evoluzione di Issan, una associazione con sede presso la Facoltà di Economia e che — esperienza allora unica in Italia — si occupava soprattutto di organizzazioni non profit e di cooperative sociali, di cui ero presidente e di cui la Federazione Trentina della Cooperazione era uno dei soci. Durante la celebrazione del decennale di Issan l’allora presidente della Federazione, Diego Schelfi, propose di ampliare l’oggetto di ricerca a tutto il sistema cooperativo, con l’obiettivo di colmare il gap sempre più evidente tra rilevanza crescente della cooperazione in Trentino e non solo e carenza di informazioni sia quantitative che qualitative, nonché di un soddisfacente sviluppo di teorie interpretative di queste forme di impresa. Si trattava di una sfida non semplice visto che i tentativi fatti a livello nazionale — come l’Istituto Luzzati — non erano riusciti nell’opera. Iniziò così un dialogo tra Università, Provincia di Trento e Federazione e fui incaricato di stendere un progetto. In particolare si decise di mantenere il profilo europeo e internazionale facendo leva sui network sviluppati da Issan, dando vita a un Centro di studi sulla (ma non solo) cooperazione trentina. Oggi Euricse è riconosciuto più a livello internazionale ed europeo che in Italia, ha oltre 25 collaboratori - in particolare giovani ricercatori – ed ha oltre metà delle entrate da progetti per conto terzi, tra cui le principali Organizzazioni internazionali».
Quali saranno le prossime sfide di Euricse?
«Ne indicherei quattro: rafforzare ulteriormente la capacità di ricerca teorica e applicata di respiro internazionale soprattutto sulle nuove forme di cooperazione e di imprenditorialità sociale; contribuire a far comprendere alle forze politiche e di governo l’importanza delle iniziative promosse dai cittadini, in particolare in forma cooperativa e di impresa sociale, e la considerazione crescente che ad esse stanno assegnando le Organizzazioni Internazionali, in primis l’Unione Europea; ottenere il riconoscimento che si merita da parte del movimento cooperativo nazionale ed infine essere formalmente considerato parte del sistema trentino della ricerca, che non è fatto solo delle istituzioni pubbliche».
Nell’ultima assemblea della Federazione trentina della cooperazione il presidente Roberto Simoni ha parlato della «rivincita del capitale umano su quello finanziario»: secondo lei si sono davvero create le condizioni per un’economia sociale?
«Le condizioni strutturali si sono già create a partire dalla crisi finanziaria del 2008 e adesso si stanno creando quelle culturali. Dopo aver pensato che per affrontare la crisi sarebbe bastato solo un maggiore impegno dello Stato e una maggior attenzione delle imprese all’impatto ambientale e sociale della loro attività ci si sta rendendo conto che serve anche altro. In particolare si sta prendendo via via consapevolezza che per dare più spazio e autonomia al capitale umano è necessario riconoscere il ruolo specifico non solo economico ma
anche sociale e civile - nel senso di partecipativo - dell’economia sociale e garantirle adeguati spazi di sviluppo e sostegni mirati. Gli indicatori di questa crescente consapevolezza sono L’Action Plan per l’Economia Sociale approvato lo scorso dicembre dalla Commissione Europea, la decisione dell’International Labour Office di dedicare la propria assemblea annuale in fase di conclusione all’economia sociale e una serie di leggi nazionali, come quella italiana sul Terzo Settore. Ovviamente c’è ancora molto da fare, ma la strada adesso è aperta».
In quale modo Provincia e Federazione potrebbero favorire la nascita delle cooperative di comunità?
«È mia convinzione che per riuscire a costituirsi e avere successo una cooperativa di comunità ha innanzitutto bisogno non solo di sostegni economici, ma di un gruppo di cittadini di buona volontà disponibili a impegnarsi a titolo di volontariato in una iniziativa da cui trarranno benefici anche coloro che non vi hanno contribuito. Pertanto il primo strumento da mettere in campo è costituito da una serie di iniziative che facciano conoscere il modello e le sue potenzialità. Andrebbero poi individuate le iniziative oggi non gestite o gestite in modo non appropriato o suscettibili di ampliamento se trasformate in imprese di comunità e individuato il gruppo di cittadini disponibili a considerare l’ipotesi di coinvolgimento diretto».
Sait ha deciso di esternalizzare l’attività del magazzino suscitando le proteste dei 75 dipendenti: la Cooperazione si trova a rispondere alle logiche di mercato, ma così facendo si rischia di perdere il valore sociale del proprio Dna?
«Ciò che distingue una cooperativa dalle altre forme di impresa è la natura dei suoi proprietari da cui deriva l’obiettivo che essa deve perseguire. Le cooperative di consumo sono di proprietà dei consumatori e devono quindi fare innanzitutto i loro interessi, garantendo prodotti di qualità a prezzi contenuti. In questo consiste e si traduce il vincolo mutualistico. Questo diventa automaticamente anche l’obiettivo del loro consorzio da cui dipendono prezzi e qualità dei prodotti forniti alle cooperative socie. Un obiettivo particolarmente importante in questa fase di aumenti significativi dei prezzi di molti prodotti trattati dalle nostre famiglie cooperative e che solo il Sait può calmierare. Gli obblighi delle cooperative e dei loro consorzi nei confronti dei portatori di interesse diversi dai soci – nel caso del Sait i lavoratori - non sono dissimili da quelli di tutte le altre imprese. Per essi non vale il principio mutualistico spesso reclamato dai sindacati e dai media. Semmai, essendo le cooperative imprese di persone a loro si può chiedere una maggior responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori – cosa che mi pare il Sait stia facendo ma senza scomodare il mutualismo e la funzione sociale».