Zecchi chiarisce «Addis Abeba? Collaborerò pure con Sgarbi»
«Non solo è mia intenzione collaborare al progetto museale di Addis Abeba nella mia qualità di Presidente del Muse e di filosofo, ma è anche mio desiderio coinvolgere il mio grande amico Sgarbi». Stefano Zecchi risponde così al Corriere del Trentino che ieri ha riportato i malumori interni al Museo delle Scienze di Trento sulla collaborazione sollecitata dall’ambasciata d’Italia ad Addis Abeba nella realizzazione dell’Etiopia Science Museum. Una collaborazione istituzionale o personale? Questa la domanda che si sono posti alcuni tra i dipendenti, a cui però Zecchi non sembra volere dare una risposta esaustiva. Anzi rilancia e coinvolge nell’ipotetica «sua» collaborazione con Addis Abeba il «grande amico» Vittorio Sgarbi: «Come presidente del Mart e critico d’arte — specifica Zecchi — proprio perché il progetto museale etiope vuole approfondire le relazioni tra discipline scientifiche e umanistiche-artistiche».
Nella sua nota il presidente Zecchi attacca però il cda del Muse: «Sono venuto a conoscenza che ci sono malumori e illazioni all’interno del Consiglio di Amministrazione del Muse, che avrei preferito mi fossero stati espressi direttamente dai due consiglieri», riferendosi direttamente ai Laura Strada e Alberto Pacher. I quali evitano di esacerbare la polemica: «Il riferimento del presidente Zecchi al Cda ci appare del tutto incomprensibile. Approfondiremo la questione nella prossima seduta — annunciano i due consiglieri — e fino ad allora evitiamo ogni ulteriore commento».
Il Cda del Muse è fissato per fine mese, ma nel frattempo si muove anche la politica per approfondire la «qualità» delle collaborazioni che intende intrattenere il professor Zecchi con Addis Abeba, se per conto del Muse o per conto suo: «È necessario chiarire quale sia il ruolo del museo pubblico trentino in tale operazione di collaborazione, e quale quello privato del suo presidente. Parrebbe, per quanto citato sul quotidiano Il Corriere del Trentino, che il presidente del Muse nella risposta ufficiale all’ambasciata italiana abbia offerto anche la sua personale disponibilità». Per la capogruppo dem «risulta quanto meno insolito che, a fronte di una richiesta di collaborazione da parte di un organismo della diplomazia italiana nei confronti di un ente pubblico, si preveda anche un possibile contributo privato di chi è stato chiamato a presiedere, rappresentare e valorizzare tale gioiello collettivo». E così conclude: «La questione merita un approfondimento da parte della giunta provinciale».