«Museion, l’arte senza barriere»
La creativa tedesca e la passione per le mostre sperimentali: «Fusione di architettura, cinema, danza» Leonie Radine, nuova curatrice del Museion di Bolzano svela i suoi progetti
Leonie Radine è la nuova curatrice. La passione per le mostre sperimentali Leonie Radine, 37 anni, tedesca è la nuova curatrice del Museion di Bolzano. Non parla ancora bene italiano («Però lo imparo», promette), ma il suo curriculum e la vitale energia parlano per lei che si racconta con generosità. «Sono nata esattamente in mezzo tra Berlino e Colonia e la mia passione per l’arte risale a quando ero molto piccola — rivela — Mi hanno sempre interessata le espressioni creative visive e ho studiato storia dell’arte a Marlborough e poi a Berlino».
Dopo l’avvio del «bulletin», l’inaugurazione del «Museion Passage» e mostre sorprendenti con artisti mai giunti fino ad ora in Alto Adige, Bart van der Heide annuncia l’arrivo di una nuova curatrice nel team di Museion di Bolzano: Leonie Radine, 37 anni, tedesca.
Non parla ancora bene italiano («però lo imparo», promette), ma il suo curriculum e la vitale energia parlano per lei che si racconta con generosità.
«Sono nata esattamente in mezzo tra Berlino e Colonia e la mia passione per l’arte risale a quando ero molto piccola - rivela Leonie Radine-. Mi hanno sempre interessata le espressioni creative visive e ho studiato storia dell’arte a Marlborough e poi a Berlino. Questo mi ha portata al primo incarico come assistente curatoriale di Susanne Pfeffer, al Kw Institute for Contemporary Art di Berlino».
Tutto è iniziato lì. «Un’esperienza molto formativa - prosegue la nuova curatrice del Museion-. Abbiamo lavorato a grandi mostre individuali come quelle di Absalon, Wael Shawky o Cyprien Gaillard, progetti sperimentali già allora. Lavorare con Susanne Pfeffer mi ha portata a sondare ogni forma di sperimentazione espositiva. Poi sono diventata studio manager per Andreas Slominski, scrivendo articoli per magazine di settore e quotidiani, perché inizialmente sognavo di fare la giornalista». Una passione mai sopita. «Ho scoperto che organizzare mostre ha molto a che fare con la scrittura: come curatrice riesco a fondere le mie due passioni in un solo lavoro, sviluppando nuovi lavori e raccontandoli con le mie parole. Poi è arrivato il Museum Ludwig di Colonia, dove ho curato le mostre Transcorporealities e Hausbesuch e ho lavorato accanto a Yilmaz Dziewior per più di sette anni: ero responsabile di progetto, curatrice, assistente. Tra mostre sperimentali, biennali, retrospettive di Haegue Yang e Wade Guyton ho collezionato esperienze molto sfidanti, altre istituzionali, altre ancora mi hanno portata a esporre artisti in luoghi esterni ai musei. Quindi la collaborazione con Maria Eichhorn per il padiglione tedesco alla Biennale di Venezia di quest’anno».
Bolzano si intreccia con il suo destino a più riprese. «Ho sempre apprezzato e seguito il lavoro di Bart van der Heide e le sue mostre, prima a Monaco e poi allo Stedelijk Museum di Amsterdam, ed ero molto curiosa di capire cosa avrebbe fatto successivamente - ricorda -. È stato elettrizzante sapere che aveva accettato l’incarico di Museion raccogliendo l’eredità di Letizia Ragaglia, un’altra grande professionista che già osservavo con curiosità. Museion come istituzione e come laboratorio di idee è sempre stato nel mio orizzonte di interesse e quando l’anno scorso, venendo in vacanza in Italia, mi sono fermata a Bolzano ho sentito un’energia così potente e positiva. Visitando Museion, che all’epoca esponeva Here to stay e Jimmy Robert, ho percepito una visione illuminante e un grosso cambiamento in atto».
I progetti del museo colpiscono la curatrice. «Le tematiche affrontate erano le stesse delle ultime mostre che avevo curato io: come Transcorporealities, che affrontava le interconnessioni tra esseri umani, natura, tecnologia, ambiente, ecologia, economia. Io e Bart condividiamo un approccio artistico che è in primo luogo umano ma anche universale».
Sul suo futuro a Museion, Leonie Radine ha già le idee chiare. «Mi piacerebbe poter esprimere la mia grande sensibilità rispetto all’integrazione dei diversi ecosistemi in cui siamo immersi - anticipa -. Vorrei inglobare lo spazio artistico in dinamiche di lavoro in team che sono capaci di sprigionare grandi energie. E valorizzare le mie esperienze precedenti e il mio approccio multidisciplinare, lavorando con performer in modo poetico e fondendo architettura, cinema, danza. Vorrei anche supportare gli artisti locali, ma restare connessa con gli interessanti sviluppi delle frontiere tecnologiche che già Museion sta sondando con interesse. Un obiettivo per il futuro è abbattere le barriere e sgretolare le discriminazioni tramite l’arte, stabilendo dinamiche in cui la diversità non sia più espressa come un limite».