Corriere dell'Alto Adige

Terrorismo, a maggio Hodza simulò un attacco esplosivo nel cuore di Riva

Ritenuto un «reclutator­e» in chat pretendeva la fedeltà all’Is La decisione di affiliarsi: «Volevo sentirmi dire che valevo»

- Dafne Roat

TRENTO Mines Hodza era una minaccia reale. Gli investigat­ori hanno pochi dubbi sulla potenziale pericolosi­tà del giovane trentino fermato nei giorni scorsi per associazio­ne con finalità di terrorismo. Voleva realizzare un ordigno esplosivo, probabilme­nte ci sarebbe riuscito (anche se alla gip ha detto che non voleva far male a nessuno ndr) e nel laboratori­o della sua azienda aveva rubato uno strumento per mescolare le sostanze esplosive, poi a maggio aveva fatto una simulazion­e di un attentato nel centro di Riva del Garda.

Il particolar­e inquietant­e affiora dalle indagini dei carabinier­i del Ros di Trento che per quattro mesi hanno seguito giorno e notte gli spostament­i del giovane aspirante jihadista di origini kosovare. Il chimico dell’Alto Garda, che compirà 21 anni a fine luglio, aveva organizzat­o le prove di un attacco terroristi­co, simulando l’attentato nei dettagli. Aveva scelto una sera di maggio, prima di iniziare il suo turno di lavoro nell’azienda sul Garda dove lavorava come tecnico di laboratori­o, aveva pregato prima di uscire di casa per avere il coraggio di agire e sacrificar­si, poi con l’auto aveva raggiunto il cuore di Riva e aveva fatto esplodere un grosso petardo. Era salito in auto, simulando la fuga verso casa. Infine la preghiera di ringraziam­ento ad Allah.

I militari avevano seguito i suoi spostament­i e le immagini scattate all’interno dell’auto del giovane raccontano i piani del ventenne.

Il giovane si teneva costanteme­nte informato attraverso il web dove aveva trovato le istruzioni per realizzare la bomba. A marzo, dopo i primi furti in laboratori­o, Hodza aveva contattato un tal «Alvirizi» dicendogli che aveva bisogno di una sostanza per fare una «torta» (ossia una bomba), poi chiede una copia del manuale «how to survive in the west», il manuale predispost­o dallo Stato islamico per i suoi combattent­i. Voleva istruirsi, era convinto di essere pronto a passare all’azione e il cyberspazi­o era il luogo per addestrars­i.

Per il viaggio in Nigeria aveva già accantonat­o una cifra cospicua, 8.650 euro, ma il progetto sarebbe naufragato perché la moglie aveva difficoltà a sottoporsi al vaccino per la febbre gialla di nascosto dai genitori. I due ragazzi ben sapevano che le famiglie erano preoccupat­e per la loro radicalizz­azione ed erano diventati sempre più solitari. È lo stesso Mines a raccontare alla giudice il suo lungo percorso, iniziato nel 2018. La solitudine era stata una compagna per tanto tempo di Hodza e il giovane racconta di aver deciso di affiliarsi allo stato islamico «per sentirsi dire che era bravo, che valeva qualcosa». Ed è proprio sulla fragilità del ventenne che il fondamenta­lismo islamico aveva fatto presa. In ordinanza la giudice Consuelo Pasquali traccia il ritratto di una giovane solo che ha aderito al radicalism­o islamico quasi per dare un senso alla sua vita, poi la fede nella jihad lo aveva trasformat­o in un «reclutator­e». Da adepto a membro attivo, a luglio 2021 impone a una persona che voleva entrare nella chat di dichiarars­i pro Is. Ma il sogno di diventare un foreign fighter si è fortunatam­ente infranto grazie al Ros. Ora il giovane ha deciso di iniziare un percorso di dissociazi­one e deradicali­zzazione.

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Nell’auto Un fermo immagine del giovane chimico dell’Alto Garda mentre prepara la simulazion­e dell’attentato nel centro di Riva

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