«Chi l’ha visto?» a processo per diffamazione
Gli avvocati difensori di Benno Neumair chiedono i danni. Decisione in settembre
BOLZANO Gli avvocati difensori di Benno Neumair, i legali Flavio Moccia ed Angelo Polo, si sono costituiti parti civili, ieri in tribunale a Bolzano, all’apertura del processo nei confronti degli autori di un servizio del programma televisivo Chi l’ha visto?, il giornalista Giovanni Loreto Carbone e la responsabile Federica Sciarelli, accusati di diffamazione.
Il servizio era andato in onda il 10 marzo 2021 e riguardava le indagini sul duplice omicidio di Peter Neumair e Laura Perselli, che erano stati uccisi dal figlio Benno il 4 gennaio. Il duplice delitto aveva suscitato clamore in tutta Italia e di conseguenza molti media nazionali avevano dedicato dei servizi alle indagini. Tra questi, anche il noto programma Chi l’ha visto? si era occupato della vicenda, fornendo notizie dettagliate.
Nel corso di una puntata, però, il giornalista autore del servizio, Giovanni Loreto Carbone, aveva pronunciato una frase che è stata interpretata come diffamatoria dagli avvocati difensori di Benno, Moccia e Polo: «Nei vari interrogatori, sicuramente su consiglio degli avvocati, Benno restringe sempre di più l’intervallo di tempo tra lo strangolamento del padre e l’arrivo in casa della madre». Dopo la querela per diffamazione da parte dei due avvocati, il pm aveva inizialmente chiesto l’archiviazione ma le persone offese si erano opposte ed il giudice aveva disposto l’imputazione coatta. Secondo il giudice infatti nella frase contestata ci sarebbe una commistione tra il racconto oggettivo dei fatti e la valutazione personale degli stessi ad opera del giornalista, il quale avrebbe additato i due avvocati come «aggiustatori» della confessione resa da Benno al fine di ottenere l’esclusione della premeditazione e quindi una pena più mite. I due avvocati, rappresentati dal loro collega Roberto Mangogna, hanno chiesto un risarcimento danni di 50mila euro a testa, calcolati secondo le Tabelle di Milano tenendo conto della notorietà della vicenda e della diffusione del programma televisivo. «Noi avvocati non siamo degli azzeccagarbugli — commenta Mangogna — ma svolgiamo una funzione costituzionale di protezione e di presidio e non possiamo essere ridotti a caricature».
Il processo è stato rinviato al 26 settembre.