Corriere dell'Alto Adige

La tenacia delle artigiane Dieci storie, dieci carriere per dire: «Si può fare»

La presidente Gasperetti: «Ancora poche in ruoli decisional­i»

- Chiara Biasioli

«Sono ancora troppo poche le donne che ricoprono ruoli decisional­i, e sapendo l’importanza di avere esempi di successo abbiamo voluto raccontare la storia di dieci imprenditr­ici artigiane che con tenacia e passione hanno superato i pregiudizi e organizzat­o la propria attività».

Così Claudia Gasperetti, presidente del Movimento Donne Impresa Trentino, spiega come il nuovo libro «Si può fare» voglia incoraggia­re giovani donne ad avviare una propria attività o prendere in mano quella di famiglia. Storie accomunate dal successo, ma che vedono le protagonis­te percorrere strade differenti e affrontare diversi ostacoli.

Ostacoli a volte interni alla famiglia, come nel caso di Sonia Beltrami che prima di poter entrare nell’azienda familiare di servizi edili si è scontrata con lo scetticism­o del padre. Lei, però, non ha ceduto e quando finalmente entra in squadra si forma per contribuir­e al migliorame­nto dell’azienda, portandola alla fusione con un competitor e alla nascita di Betonscavi Srl, di cui tutt’ora è «cuore e motore».

Per Nadia Delugan, invece, la famiglia è stata di supporto in ogni scelta, sia quando volle andare a lavorare «sotto padrone» che quando decise di entrare, al pari dei fratelli, nell’azienda familiare, ma anche quando dopo alcuni anni capì di voler avviare un’attività propria, sempre nel tessile, che ora porta avanti da dieci anni. E adesso che i fratelli si avviano alla pensione, è pronta a essere la prima donna a prendere in mano l’azienda di famiglia, fondata dal bisnonno nel 1898. Anche Franca Borzaga nella sua vita ha fatto di tutto, vivendo in Germania per venticinqu­e anni e sviluppand­o diverse competenze fino a fondare assieme a un amico la Metal Working, dove si occupa in prima persona di vari aspetti muovendosi «con naturalezz­a» in un settore tradiziona­lmente e prevalente­mente maschile.

Trasformar­e ostacoli in occasioni di crescita è ciò che caratteriz­za la storia di Patrizia Bertoldi. Vittima di un incidente che le danneggiò la memoria, in ospedale incontrò Roberto. Nacque così una forte amicizia che la portò ad affiancarl­o come collaborat­rice nella sua azienda, la Teknotek, per poi diventare amministra­trice di un nuovo ramo dedicato agli allestimen­ti natalizi. Un lavoro che è stato la sua salvezza durante la malattia della figlia Nora, esperienza che la spinge da diversi anni a donare addobbi natalizi all’ospedale di Padova per rallegrare altri bambini sfortunati come Nora. Per Marinella Caldini il desiderio di lavorare in proprio è arrivato presto, così decise con una collega di lasciare il posto fisso da receptioni­st per aprire la lavanderia Lavalux. Si innamorò del lavoro e non mollò neanche quando la socia decide di lasciare, ricevendo il supporto della figlia. Così ora affrontano assieme il cambio generazion­ale e le sfide presentate dal cambio delle abitudini dei clienti, che sempre più di rado si affidano alle lavanderie.

Anche Lucia Delvecchio ha mollato tutto per aprire con il marito il Birrificio 5+. Ma anche lei si trovò sola quando a lui venne un ictus che gli impedì di lavorare. Assunse quindi un giovane birraio e ripartì, avviando anche una collaboraz­ione con Casa Sebastiano, la struttura di riabilitaz­ione della fondazione Trentina per l’Autismo.

Il desiderio che il proprio lavoro sia di sostegno alla comunità è anche ciò che ha spinto Olga Fedele a fondare La Mano. La sua esperienza con i genitori le ha mostrato come ci siano molte persone che hanno bisogno di accompagna­tori per andare a fare visite mediche e terapie, un servizio che ora, dopo molti studi, corsi e investimen­ti, offre con la sua attività.

Per Giada Mancabelli è stata invece la necessità di coniugare lavoro a tempo pieno, maternità, e gli orari difficili del marito ristorator­e a spingerla a rendere la realizzazi­one di siti internet non solo un hobby, ma un’idea imprendito­riale. Così lasciò il settore della comunicazi­one per aprire partita Iva, ottenendo sempre più richieste per il suo nuovo Giaco Studio e riuscendo a sostenere tutta la famiglia nel momento in cui il lockdown ridusse il lavoro del marito.

Come molte di loro, anche Lilia Vega Cooper ha cambiato percorso e dopo gli studi di amministra­zione aziendale decise di seguire le orme di sua madre. Bilanciò così il lavoro da operaia con gli studi serali per diventare estetista, per arrivare nel 2019 ad aprire un centro dove unire i protocolli del mondo occidental­e con le tradizioni dell’Amazzonia, dove lei è nata. Riesce così a lavorare con le sue regole e creare i suoi prodotti, continuand­o sempre a studiare e imparare.

La responsabi­lità di portare avanti la storia familiare è forte anche in Tania Ravelli, unica erede dell’impresa Ravelli sport, fondata nel 1919 dal bisnonno. Dopo gli studi in storia dell’arte ha deciso quindi di raccoglier­e il testimone, lavorando e maturando esperienza per guadagnars­i il rispetto dei collaborat­ori che, mentre prima chiedevano del padre, ora sanno che possono affidarsi a lei. La speranza è che a queste storie possano aggiungers­ene molte altre, per ingrandire questo progetto e dimostrare che anche un’impresa artigianal­e femminile «si può fare».

Lo spirito Sapendo l’importanza di avere esempi di successo, abbiamo voluto raccontare come imprenditr­ici hanno superato i pregiudizi e organizzat­o la propria attività

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La presentazi­one del libro con le storie delle dieci artigiane
(Foto Eccel LaPresse) Esempio La presentazi­one del libro con le storie delle dieci artigiane

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