Azienda sanitaria condannata
Sospesa farmacista senza vaccino: maxi risarcimento
Ammonta a quasi 200 mila euro, calcolando anche gli interessi, il risarcimento che l’Azienda sanitaria altoatesina dovrà corrispondere ad una dirigente dell’ospedale di Bressanone, che era stata sospesa dal servizio perché non vaccinata. Lo ha deciso la giudice del lavoro di Bolzano Eliana Marchesini, nella sentenza relativa alla vicenda che risale al 2021 quando la donna, dottoressa specializzata in farmacia chemioterapica, venne sospesa dal servizio. Rappresentata dagli avvocati Mauro Sandri e Olav Gianmaria Taraldsen, la donna ha poi fatto causa all’Asl, contestando la legittimità della sospensione, che era stata decisa nei suoi confronti in quanto lei non si era sottoposta al vaccino anti-Covid. La donna era stata sospesa dal 4 settembre 2021 al 31 dicembre dello stesso anno. La sospensione era stata poi reiterata per tutto il 2022 fino al 2 novembre, quando finì l’obbligo di vaccinazione per medici e sanitari.
La giudice Marchesini ha riconosciuto che la sospensione disposta dall’Asl non poteva valere dopo il 31 dicembre 2021, data di scadenza della medesima. Da allora infatti la competenza per la sospensione dei sanitari era passata agli Ordini professionali: la dottoressa in questione non era stata sospesa dall’Ordine ed anzi era stato riconosciuto che era in possesso di un valido certificato di esenzione dalla vaccinazione (aveva già contratto la malattia). L’Azienda sanitaria avrebbe, quindi, dovuto reintegrare la lavoratrice. La giudice ha dunque ha dunque accertato l’illegittimità del provvedimento di sospensione non retribuita dal servizio, condannando l’Asl a pagare tutte le retribuzioni lorde, pari a 12.317 euro mensili, per il periodo della sospensione, per complessivi 123.172 euro, oltre interessi legali e rivalutazione. È stato anche riconosciuto «il diritto della lavoratrice all’anzianità di servizio, agli accantonamenti, alle ferie, ai permessi e ai contributi previsti dal contratto di lavoro per il periodo di sospensione». L’Azienda sanitaria è stata per questo condannata a corrispondere alla dipendente l’importo di 33.633 euro per detrazioni fiscali non conseguibili e alla rifusione di due terzi delle spese di lite sostenute dalla ricorrente che si liquidano per intero in 10.717 euro. Il totale è di quasi 170 mila euro, che però sale fino a sfiorare i 200mila calcolando gli interessi.