Corriere dell'Alto Adige

La pace e lo spirito divino

- Paul Renner

Viviamo tempi di asfissia mentale, verbale, culturale. Venti di guerra alimentano vampate di conflitti che nessuno vorrebbe eppure che in molti continuiam­o ad incentivar­e in maniera implicita. Ciò avviene quando ci chiudiamo sulle difensive, quando diamo tutta la colpa all’altro, quando vediamo il prossimo come nemico, quando le nostre decisioni sono guidate dalla paura anziché dalla volontà di costruire insieme un futuro di pacifica convivenza. Mentre sempre più forti rullano i tamburi di guerra, le persone dotate di uno spirito libero continuano ad invocare la pace, ad auspicare colloqui diplomatic­i e accordi in grado di gettare acqua sul fuoco e di stemperare gli animi accesi dalle onde tempestose dell’orgoglio o del timore.

Abbiamo bisogno di un supplement­o di spirito. Come quello che hanno ricevuto gli apostoli di Gesù. Dopo la sua morte erano rinchiusi nella sala dell’ultima cena, oppressi dalla paura di possibili persecuzio­ni da parte di coloro che avevano crocifisso il loro maestro. Avevano le porte ma anche le menti chiuse, perché il Signore aveva loro promesso che sarebbe risorto e che sarebbe tornato presto, ma loro stentavano a crederlo. Infatti, anche dopo averlo incontrato risorto, continuava­no a temere, a non osare sperare in grande.

Si trovano nella sala del Cenacolo forse per raccoglier­e un’eco delle parole e dei gesti che lì aveva compiuto il Signore. C’è anche Maria con loro quando, inattese, scendono dal cielo come lingue di fuoco che sciolgono i loro timori e li spingono a uscire dai loro schemi e dal loro rifugio, a guardare avanti, a parlare alla gente con franchezza, gioia, coraggio. Allora si ricordano che Gesù aveva promesso il

Consolator­e, lo Spirito di verità, che li avrebbe condotti nella verità tutta intera. E tanta è la voglia di comunicare la buona notizia che Gesù è risorto e ha mantenuto le proprie promesse, che in loro si riaccende la speranza, proprio quella virtù – cioè forza spirituale — che papa Francesco ha voluto prendere come filo conduttore dell’Anno Santo che inizierà il prossimo Natale, una forza spirituale da contrappor­re alle armi e alle urla di guerra.

Il loro ardente desiderio di portare speranza al mondo rende i discepoli capaci di farsi comprender­e dalle persone di varie lingue e culture convenute a

Gerusalemm­e per festeggiar­e la Pasqua ebraica. Si accende un fuoco nuovo, una nuova visione: quella del Vangelo che invita ad osare l’amore per chi non lo merita, anche per i nemici, e a saper perdonare per consentire che i rapporti interperso­nali siano sanati, che la storia dei singoli e dell’umanità proceda nella giusta luce,

La Chiesa professa che lo Spirito del Risorto dispensa carismi, cioè doni importanti a ciascuna persona. Li offre però affinché siano posti al servizio del bene comune. Lo spirito – nel senso dell’aria – è infatti il medesimo per tutti. Tutti noi respiriamo la medesima aria e abbiamo interesse che sia pulita e benefica. Lo Spirito divino rende chiaro il cammino di chi vuole il bene proprio ed altrui ed è disposto a mettersi al servizio del genere umano e non del proprio egoismo. In questi tempi di materialis­mo sempre più volgare, pesante e distruttiv­o, di prove di forza per il potere, la ricchezza, il successo, invochiamo lo Spirito divino che illumini le nostre menti e – come recita l’omonima sequenza di Pentecoste – «lavi ciò che è sordido, bagni ciò che è arido, sani ciò che sanguina, pieghi ciò che è rigido, scaldi ciò che è gelido, drizzi ciò che è sviato».

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