Chico, corsa contro il tempo per l’incontro con la madre
Gli applausi dei carcerati, la prima telefonata con Maria «Nel penitenziario di Verona sto bene, mangio tanto» Lo zio Gianni: «Accettata la pena, non la colpevolezza»
Corsa contro il tempo per riabbracciarsi, dopo 16 anni. Intanto, la prima telefonata. A meno di 100 chilometri di distanza. È avvenuta ieri alle 18.40 quando Chico Forti ha chiamata dall’istituto penitenziario di Verona-Montorio l’anziana madre, Maria Loner, di 96 anni. Di lunedì, come accadeva dal carcere di Miami. Una chiamata di 15 minuti che ha fermato il tempo nella casa natale di Forti, sopra il bar «La Zinzorla» di piazza General Cantore, a Cristo Re, quando le due voci si sono unite in un abbraccio virtuale. Una grande emozione per la mamma, che è stata rassicurata sul suo stato di salute e sulla sistemazione nella casa circondariale scaligera: «Chico ha detto che si trova molto bene nella la struttura di Verona e lo trattano bene, gli altri detenuti lo hanno accolto con un applauso come a Rebibbia», racconta Stefano, il fratello 70enen di Chico. «E mi ha detto: adesso siamo a pochi chilometri di distanza». Poi il racconto della cella, «con la tv e il bagno interno, e uno stanzone per 25 persone a disposizione: un altro mondo dal carcere americano». E il mangiare: «Mi ha detto ridendo che rischia di ingrassare: ha assaggiato degli spaghetti favolosi preparati da un cuoco che condivide la cella con lui e gli prepara i manicaretti italiani che non vedeva da 26 anni»
Ora si lavora alacremente per l’abbraccio vero tra Forti e la madre. Una corsa contro il tempo per non fare attendere ancora Maria. «Stiamo operando affinché avvenga al più presto», spiega lo zio 82enne Gianni Forti, da 26 impegnato nella causa dell’ex imprenditore e campione di vela condannato all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike. «Lo facciamo nella maniera più delicata possibile, ora anche Chico deve ambientarsi e abituarsi alla nuova realtà», aggiunge. Anche se ha già ricevuto accoglienze calorose sia a Verona sia a Rebibbia, sabato, dopo essere atterrato a Pratica di Mare e aver incontrato la premier Giorgia Meloni. Nel carcere romano Chico era entrato solo con la divisa carceraria americana: erano stati i compagni di cella a vestirlo.
«L’istanza per richiedere l’incontro è già stata presentata al Tribunale di sorveglianza di Venezia che è competente territorialmente su Verona — spiega il suo avvocato Carlo Dalla Vedova, che difese anche Amanda Knox per l’0micidio di Meredith Kercher — sulle tempistiche non possiamo ancora fare previsioni, ma visto che si tratta di un permesso di carattere umanitario per la difficoltà a muoversi dell’anziana madre, confidiamo che i tempi siano brevi». E conferma il buon inserimento del suo assistito: «Non l’ho ancora incontrato in carcere, ma l’ho sentito domenica — aggiunge Dalla Vedova — sta bene, è molto contento che la sua vita sia cambiata».
E a raccontare primi momenti di Chico nella casa circondariale scaligera è il deputato di Fratelli d’Italia, Andrea
Di Giuseppe, eletto nella circoscrizione estero che sta seguendo le vicende di 2.300 compatrioti detenuti fuori confine: «L’ho visto domenica verso le 16.45. Nel carcere di Montorio, a Verona, era arrivato da un paio di ore. L’ho trovato energico, positivo e molto battagliero». È stato il primo a entrare in quel penitenziario dove il 65enne è stato trasferito e dove può scontare una condanna definitiva più vicina a quella Trento. E domenica, al suo arrivo, è stato accolto dagli applausi degli altri detenuti. Per lui prima le visite mediche d’ordinanza e poi una cella con altri due detenuti nella sezione infermeria per il periodo di osservazione. Racconta «radio carcere» che della visita di Di Giuseppe Forti sia stato contento. Tanto da preannunciare prossimi incontri con politici e con quello che è uno dei suoi migliori amici. Quell’Andrea Bocelli che «mi sta preparando un concerto in Arena, in cui racconterà la mia vicenda», avrebbe detto Chico. Ma intanto quell’incontro con Di Giuseppe, immortalato da una foto in carcere e postata sulla pagina Facebook del parlamentare, scatena polemiche. «Inaccettabile che si faccia una foto del genere all’interno di un carcere, dove è proibito usare i cellulari», ha commentato l’ex deputata del Pd e attuale consigliera comunale a Verona, Alessia Rotta. Che della cosa ha informato la responsabile Giustizia dei Dem Deborah Serracchiani. «Le polemiche — rimbalza Di Giuseppe — le lascio a chi le crea». E spiega che a fare lo scatto «è stata una persona del carcere, il mio telefono l’ho consegnato alla polizia penitenziaria». E la foto «è stata fatta in uno spazio dove possono sostare i detenuti». E il caso è destinato ad arrivare a Roma.
Mentre interviene sulle altre polemiche lo zio Gianni Forti che parla di «momenti vissuti molto stressati, siamo amareggiati come se si dovesse fare rifare il processo a Chico» riferendosi al titolo del Fatto quotidiano che ha definito Chico un assassino. «Un caso giudiziario è diventato un caso politico, non c’è limite alla vergogna: Chico è in una bufera politica perché hanno strumentalizzato la sua vicenda». E chiarisce: «Noi non ne abbiamo mai fatto una questione politica: sono sempre andato a parlare del suo caso con esponenti di ogni colore e rappresentanti di tutti i partiti, dopo che nel 2009 non potevamo più fare nulla. Ma non si può fare un processo mediatico perché ci sono le elezioni o perché si vuole colpire un politico». Infine, il chiarimento sul trasferimento, sulla base della Convenzione di Strasburgo: «La firma è stata apposta perché non vi era alternativa, ma non ammetteremo mai la colpevolezza di Chico. Lo abbiamo sempre ribadito, è innocente». E a chi non crede: «Andate a leggere il libro di Rita Cavallaro “Senza prove”: 860 pagine del processo, durato 14 giorni, 33 udienze».