A rotta di collo
Nd Esce oggi per Einaudi il romanzo «White people rape dogs» del trentino Iannuzzi, vincitore del Premio Calvino per esordienti
Jacopo Iannuzzi è lo scrittore «rider» trentino che nel 2023, a trent’anni, ha vinto il Premio Italo Calvino con il romanzo d’esordio, che esce oggi, White People Rape Dogs (Einaudi, 136 pagine, 15 euro) ovvero «I bianchi violentano i cani». La sua storia personale è già un romanzo: operaio e rider, ma con il sacro fuoco della scrittura, ha preso due lauree mentre lavorava per mantenersi. Il romanzo, scritto in quattro anni, narra storie reali dell’autore e dei suoi amici ventenni. È stato definito dalla giuria del Calvino «un mosaico organico di diversi tasselli dal sound febbricitante».
«Mi sono ispirato Kerouac – rivela Iannuzzi – ma anche a Isabella Santacroce, Andrea Pinketts, Fausto Brizzi e Paolo Cognetti». Jacopo Iannuzzi è originario della frazione di Gabbiolo dove vivono i suoi genitori, ed è diplomato perito chimico a Trento. Ha fatto l’operaio e il tecnico di laboratorio per due anni studiando nel frattempo fino alla laurea triennale in Lettere Moderne all’Università di Venezia e quella Magistrale all’Ateneo di Bologna. Poi nuovamente operaio in una vetreria e rider. Ora a Bergamo dove svolge lavori saltuari, cerca di mettere a frutto la passione per la scrittura.
Se le storie di cinque amici sbandati si svolgono in una Trento immaginaria dove monti e mare si guardano da vicino, le vicende di Remo, Jem, Pingu, Francoboy e Gioia sono esperienze (vere) di chi si ritrova ai margini della società con la sola spinta esistenziale di consumare droghe. Vivono in un caos mentale e si muovono a casaccio, quei giovani, pronti a inseguire ideologie prese a prestito mentre sono intenti a sopravvivere praticando piccoli riti quotidiani: un cane da seviziare, un furto da mettere a segno.
Ciò che davvero li attrae ma senza spinte passionali - è tutto ciò che è contro: per questo amano il complottismo che è solo uno dei frammenti dello specchio rotto della loro complessa personalità. Sono vittime del disagio interiore (prima che economico), figli molto sensibili di famiglie problematiche e fratelli di canne mischiate ai barbiturici. L’atmosfera che respirano è fumosa più per l’offuscamento interiore che per i reali vapori delle droghe: così pur di non affrontarsi scelgono di stordirsi.
Quello che la giuria ha molto apprezzato nel libro, oltre all’originalità degli episodi, è il linguaggio moderno e gergale, dalle efficaci immagini e dalle metafore appropriate che descrivono bene il vuoto di cui questi ragazzi anarchici e paradossali si sentono protagonisti al punto da voler essere risucchiati in qualcosa di indefinito. Lo ammette Jacopo Iannuzzi: «Hanno voglia di rovinare tutto, sempre a disagio soli e annoiati gareggiano a suon di bestemmie. Sono storie raccontate dall’interno, di quando dormivamo nelle palestre, perdevamo tempo nei parchetti o nelle cantine degli amici, con in più il distacco che permette la scrittura. L’uso di una prospettiva interna è stata una scelta spontanea, dovuta alla materia da cui ho attinto per la scrittura».
Uno non studia, non lavora, cerca di darsi un senso ma non lo trova, l’altro vede fallire ogni cosa che progetta, un terzo si appassiona a tutto ciò che è macabro e appare normale solo quando è drogato, il quarto è affascinato dall’eversione, infine appare Gioia, spirito libero che per sopravvivere guadagna qualcosa vendendosi online. Sono gli allucinati eppure lucidissimi ragazzi delle nostre città su cui non brilla alcuna stella Polare.