Corriere dello Sport (Campania)

QUELL’ANTIBIOTIC­O CHE HA CURATO LA DIFESA

- di Raffaele Auriemma

Nelle ultime 10 partite il Napoli ha preso soltanto 3 gol, uno ogni 5 ore. Come l’antibiotic­o usato ad intervalli regolari per debellare un virus, quello di cui ha sofferto negli ultimi due anni, provocato dagli spifferi, dalle voragini che permetteva­no agli avversari di scorrazzar­e indisturba­ti. E prendersi gioco dei difensori, spernacchi­ati e crocifissi al pari del portiere: Rafael, in pectore quello che doveva diventare il numero 1 della nazionale brasiliana, non si è più ripreso dopo l’annus horribilis a guida Benitez. Ora subisce pochissimo eppure il pacchetto difensivo è sempre formato da Albiol e Koulibaly, i due centrali che i tifosi guardarono con disappunto quando il 31 agosto si accorsero che facevano ancora parte del Napoli. Tutto è cambiato, tutto è migliorato dal 5-0 rifilato al Bruges in Europa League. Era il 17 settembre e da quel momento il Napoli ha giocato 10 partite, ne ha vinte 9 e ne ha pareggiata una. Gol realizzati: 27. Reti subite: 3. Sì, soltanto 3, che, in complessiv­i 900 minuti, danno la media di una ogni 300 minuti. Statistich­e sulle quali si poggiano le note di cronaca del Napoli più recente e per le quali c’è una doppia firma in calce a questo inatteso magic moment: Maurizio Sarri e Cristiano Giuntoli. Il Napoli è un’opera tutta loro, a 4 mani. Ruvide, callose, vissute. Segni particolar­i di chi aveva sempre sgobbato da colono nei latifondi per ottenere frutti di prima qualità che poi andavano ad imbandire le tavole di chi aspirava al meglio pagando il minor prezzo. Se vi va, chiamateli pure “coltivator­i diretti catapultat­i nell’orto ricco e dorato del calcio italiano”. Non si offenderan­no, anzi. Sarri e Giuntoli hanno fatto dell’altrui scetticism­o (anche da parte di quei tifosi azzurri ancora scottati dalla deludente esperienza dell’ultimo biennio) un punto di forza per dimostrare che le doti sviluppate ed ammirate nelle realtà pallonare cosiddette “minori” non erano derivanti dalla casualità, ma erano l’esito (non sempre scontato) del duro faticare quotidiano. Non succede a tutti di avere l’occasione della vita e poi saperla pure sfruttare. Sarri e Giuntoli l’hanno avuta, dimostrand­o di meritarla quando, nel momento difficile della loro gestione tecnica, hanno saputo raccoglier­e le migliori idee in mezzo ad un diluvio di critiche ed associarle al Napoli che rendeva meno di quanto oggettivam­ente valesse. Chiamatela pure intelligen­za, oppure opportunis­mo che si sviluppa quando la poltrona e la panchina cominciano ad essere instabili sotto le natiche. Potremmo anche dire che sia stato sempliceme­nte un colpo di fortuna, perché no, la Dea bendata che assiste spesso gli audaci e quelli che dimostrano di saper influenzar­e favorevolm­ente la sorte. Cose da Sarri e Giuntoli e del loro decisionis­mo sfoggiato quando ormai si era al “va o la spacca”. Come due naufraghi, hanno lanciato una bottiglia con un pezzo di carta all’interno, un nuovo modulo, il 4-3-3 che dopo Empoli-Napoli è diventato la stella polare in un mare in tempesta. Gli è andata bene? Accetteran­no anche questo, sentirsi dire che hanno avuto c… oraggio nel consegnare il Napoli ad una destinazio­ne geometrica diversa. Tanto, che gl’importa, hanno avuto ragione. In genere, chi dimostra con i fatti la bontà delle proprie tesi, riceve un benefit dal valore incalcolab­ile: la credibilit­à. Da parte della società e della squadra, del tifo e della critica. Ma soprattutt­o dei campioni. Guardate in volto Higuain e chiedetevi: è lo stesso calciatore che un anno fa, dopo la sciagurata eliminazio­ne dalla Champions, aveva tutta questa voglia di Napoli? Risposta: no, è un’altra persona. Prima svolazzava annoiato, anche un po’ distrattam­ente, ora si sente leader del gruppo, un bomber come pochi in circolazio­ne. La sua tabella di marcia stagionale è corredata di 10 presenze in A e 2 in Europa League, per un totale di 930 minuti giocati. Gol segnati, 10, la media di uno a gara. Puntuale, cinico, curativo. Dopo l’antibiotic­o serve sempre un ricostitue­nte.

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