La rosa di Hartley il cattivo del reame
S E I NA Z ION I Il nuovo capitano, che vanta 54 settimane di squalifica divide gli inglesi. E i bookmaker ne quotano l’espulsione
Giura di aver imparato la lezione, che nel suo caso però ha richiesto un ciclo intero, di lezioni. E chissà quante ripetizioni. Assicura di aver fatto tesoro dei suoi errori. Numerosi e variegati, l’intero campionario del bullismo della palla ovale. Morsi, pugni, testate, gomitate e insulti. Non si è fatto mancare nulla, Dylan Hartley, nato in Nuova Zelanda ma oggi capitano dell’Inghilterra grazie alla mamma di Crowborough (est di Londra). Una scelta che dalle parti di Twickenham i moderati definiscono “controversa”, i critici “sconsiderata”. E’ difficile trovare un solo inglese che oggi condivida la decisione presa dal nuovo c.t. Eddie Jones, che - guarda caso - inglese non è.
Conseguenza di FALLIMENTO. un mondiale fallimentare non ancora metabolizzato. La precoce eliminazione, nella fase a gironi, è un’onta difficile da lavare. Ancor più dolorosa perché vissuta in casa. Evidentemente Jones non riteneva sufficiente il cambio dello staff tecnico per voltare pagina. Cercava un segno di discontinuità, anche simbolico, con il recente passato targato Stuart Lancaster. Una mossa di rottura che ha il volto del “bad boy” del rugby inglese. Quasi una provocazione dopo le critiche piovute sull’Inghilterra per la sua attitudine troppo morbida durante la Coppa non meno che manesco, il tallonatore del Northampton, 29 anni, ha collezionato 54 settimane di squalifica in carriera. « Dylan è un ragazzo onesto, un gran lavoratore. Ammiro il suo stile di gioco aggressivo e senza compromessi», la benedizione di Jones, ricordando come in Nazionale (66 caps) non abbia mai sgarrato. Anche perché, proprio a causa delle sue frequenti intemperanze, ha saltato tante convocazioni, non ultima quella per i Mondiali di casa. Colpa di una testata malandrina rifilata lo scorso maggio a Jamie George dei Saracens: quattro settimane di squalifica, ed esclusione dalla rosa inglese per manifesta recidività.
I pr imi guai con la FEDINA. giustizia sportiva risalgono all’aprile 2007 quando cerca di strappare gli occhi dalle orbite di James Haskell prima, Jonny O’Connor poi: viene fermato per 26 settimane. Gli costa solo due mesi di stop il morso alla mano di Stephen Ferris (maggio 2012), 11 settimane (e il tour con i Lions) l’insulto all’arbitro Wayne Barnes durante la finale Premiership contro Leicester nel
Dylan Hartley, 29 anni, con la figlia. A destra, con Parisse e la coppa del Sei Nazioni. Sopra, in azione 2013. E poi gomitate, pugni: un assortimento completo che fa dubitare sulla sua dichiarata redenzione. Così i bookmakers si sono affrettati a quotare 16/1 la sua espulsione nell’imminente Sei Nazioni. E i media lo inseguono sempre con la stessa domanda. Alla quale ha già risposto decine di volte, inutilmente. Come può un simile giocatore essere d’esempio alla Nazionale della Rosa? « E’ frustrante, perché anche a dieci giorni dall’esordio si parla solo di me - la reazione stizzita di Hartley, ieri, alla presentazione del Sei Nazioni a Londra - Essere il capitano dell’Inghilterra è un onore e un privilegio. Capitano con l’esempio? Credo di essere all’altezza perché è da sei anni che sono il capitano della mia squadra». Gradi che gli sono stati dati nel 2009, il più giovane capitano di sempre in Premiership. Una designazione per responsabilizzarlo. A Jones basta che trasmetta la sua passione abrasiva, la Montessori può attendere.