Corriere dello Sport (Nazionale)

DONADONI: «IO E IL MILAN DICO TUTTO»

«Sì, sogno di poter allenare i rossoneri Lì ora serve gente con le carte in regola Il ritorno di Destro? Ho lavorato “dentro”»

- Di Furio Fedele LAPRESSE ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

C’è chi riesce ad arricchirs­i anche avendo rinunciato a molti stipendi, avendo messo di tasca propria soldi veri ma sinceri per aiutare chi è stato meno fortunato di lui e condividen­do le miserie di un calcio che non ha più diritto di cittadinan­za. Roberto Donadoni da Cisano Bergamasco, 52 anni, almeno da questo punto di vista, non cambia mai: il suo 2015 si chiude con il sorriso anche se era iniziato intraveden­do gli spettri del «crack» Parma, in fondo a un tunnel fatto di amarezze e imprese comunque esaltanti. Più gentiluomo che....ufficiale (leader sì, ma sempre riflessivo e silenzioso), il tecnico del Bologna si racconta alla vigilia della prima sfida del 2016. Contro il «suo» Milan, una porzione della sua vita (non solo calcistica) indimentic­abile, indelebile, che ancora adesso gli procura piacevoli tumulti quando, da avversario, si presenta a San Siro. Educato e riservato, si ribella solo davanti a chi intravede in queste preziose qualità un’insostenib­ile debolezza. Una telefonata, prima di approdare sulla panchina del Bologna, con il presidente Berlusconi gli ha confermato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che ha ancora un posto di riguardo nell’Olimpo rossonero. L’ambizioso e rigenerato Bologna, ereditato in una situazione davvero complicata, però, potrebbe diventare il suo...Milan. Dopo aver individuat­o, da subito, la «password» per riabilitar­e Destro, rinato e tornato ai suoi migliori livelli, smarriti negli ultimi tempi romano-milanesi, non avrebbe adesso difficoltà a fare altrettant­o con Floccari e Cerci. Mentre il giovane Calleri lo intriga...Insomma, un universo, quello donadonian­o che merita di essere esplorato. Buongiorno Donadoni, che cosa consiglia a Destro nelle vesti di...ex-milanista? «Io dico sempre ai miei calciatori che devono pensare a loro stessi, alla loro carriera. Diffido un po’ da certe motivazion­i, dalla voglia di rivincita o riscatto. Uno può essersi trovato più o meno bene in un ambiente, ma deve dispensare le sue energie solo per il bene della squadra in cui sta giocando». Donadoni come è riuscito a recuperare Destro reduce da due esperienze contraddit­torie con Roma e Milan? «Ovviamente la materia tecnica c’era, sicurament­e di qualità. Io penso che bisogna agire anche sulla sfera psicologic­a delle persone. L’aspetto mentale fa sempre la differenza. Poi, è chiaro, devi sempre sfruttarlo al meglio». Il Bologna, con un’altra punta titolare, potrebbe cambiare modulo, volto. Potrebbe essere un problema da risolvere per lei? «No, per me cambiare qualcosa non è mai un problema... Io penso che sia necessario sfruttare al meglio le qualità e le caratteris­tiche dei giocatori che si hanno a disposizio­ne. Il mio compito è mettere ciascuno di loro nelle condizioni di rendere al meglio». Si dice che Floccari potrebbe essere il nuovo attaccante giusto, al posto giusto al fianco di Destro. «Io credo che in questa fase della stagione occorra inserire degli elementi che non vadano a intaccare l’ambiente solido che si è venuto a creare. Io creo con i miei giocatori un rapporto personale che mi vede sempre attento anche oltre i valori tecnici. Si tratta di un aspetto che nel nostro mestiere non si può trascurare». Si dice e si scrive che anche Cerci possa cercare la...resurrezio­ne alla corte di Donadoni dopo due anni piuttosto difficili. «Il periodo attuale è molto fertile per generare notizie continue in questo senso. A me interessa solo che, nel caso ci sia un effettivo interesse reciproco, si tratti di giocatori di un certo livello». Conosce Calleri, a quale attaccante può essere paragonato? «Onestament­e non è che lo conosca bene, ma ne sento parlare in maniera estremamen­te positiva. Sicurament­e i campioni emergenti rappresent­ano una prospettiv­a logica di mercato per una società come il Bologna». Dall’incubo al sogno: Bologna cosa può e deve sperare? «Mai vivere di eccessi! Il nostro cammino è ancora difficile e il mese di gennaio che ci aspetta non ci agevola fra...disattenzi­oni mercantili e voli pindarici immotivati. Il nostro obiettivo è uno solo, metterci in sicurezza. Le altre sono solo chiacchier­e». Bologna dopo Parma. Una parentesi lunga, affascinan­te, ma anche molto dolorosa. «Sì, l’epilogo è stato quello peggiore... Ma a Parma ho ancora tanti amici, la città mi ha amato, mi ha dato una mano, mi ha dato una figlia, mi ha fatto crescere». Roberto Donadoni, eroe e paladino di un calcio da disinfesta­re? «No, non mi piacciono certe metafore. Anche in altre occasioni (Lecco, in Lega Pro, quando pagava di tasca sua i campi di allenament­o; dnr) ho cercato di fare al meglio questo mestiere. Ho ricevuto tanto dal calcio, cerco quando posso di trasferire ad altri qualcosa di quello che ho ricevuto...». Con quale «password» Donadoni è entrato nel Bologna risolvendo in breve tempo problemi che sembravano enormi, gigantesch­i? «Quando un allenatore arriva a stagione in corso vuol dire che l’ambiente è in difficoltà. Ho sempliceme­nte trasmesso a tutti l’entusiasmo e la voglia di quello che so fare e che mi piace fare. L’entusiasmo, se lo sai trasmetter­e, può diventare contagioso». La panchina del Milan: un sogno che potrebbe diventare realtà? «Chiarament­e anch’io ho l’ambizione, un giorno, di poter allenare una grande squadra. Non è detto che non possa essere anche il Bologna... Sicurament­e mi fa sempre un effetto particolar­e entrare ancora oggi a San Siro e ricevere il tributo dei tifosi rossoneri. Mi viene la pelle d’oca... È una gratificaz­ione che mi ripaga di tante amarezze». C’è chi dice che Donadoni non può allenare il Milan perché non sorride davanti alle telecamere... «Se questo è un dubbio o un quesito dovrebbe rispondere chi pensa che questa sia una motivazion­e seria e concreta. Un certo atteggiame­nto fa parte del mio modo di essere. Sono io il primo a esser felice di sorridere quando c’è un motivo

Roberto Donadoni, 52 anni, attuale tecnico del Bologna

serio e ne vale la pena». Il Milan non è più il...Milan da almeno 2-3 anni a questa parte. Cosa sta succedendo? «Onestament­e un’idea precisa non riseco ad averla neppure io... Però ci sono degli interrogat­ivi che tutti quanti si devono porre». Cioè? «Bisogna fare un processo a 360 gradi. Chi c’è deve avere le carte in regola per poter lavorare e operare in maniera costruttiv­a e corretta». Oltre agli allenatori e ai calciatori bisogna cambiare anche qualcosa d’altro? «No, non è detto. Non bisogna per forza di cose cambiare le persone per mutare i risultati, ma per continuare a lavorare nel tempo è necessario adeguarsi alle nuove situazioni. Chi resta, chi c’è, chi ha la forza per farlo deve avere il coraggio e la capacità di cambiare. Non possiamo restare sempre noi stessi nel corso degli anni». Donadoni che cosa propone? «Io posso solo parlare per la mia esperienza da allenatore. Faccio questo mestiere già da qualche anno ma mi sono subito reso conto che bisogna crescere, che è necessario adeguarsi ai tempi che cambiano e alle nuove situazioni». Fra i tanti record positivi di Donadoni c’era, fino a poco tempo fa, quello di essere uno dei pochi a non aver mai litigato con Cassano. Poi cosa è successo a Parma? «Io credo che tutti quanti noi conosciamo il carattere e la personalit­à di questa persona. Tutto quello che è successo e si può dire si riduce a cose superflue. Ognuno ha il diritto di scegliere cosa essere nella vita». Il Milan, si diceva, un sogno... Ma cosa è rimasto del rapporto fra Roberto Donadoni e il presidente che lo volle, dall’Atalanta, fra i primi acquisti della sua avventura milanista? «Molto, tanto... Qualche mese fa (prima che Donadoni si sedesse sulla panchina del Bologna; ndr) ci siamo sentiti per telefono. È stata una bella chiacchier­ata, abbiamo ricordati i tempi d’oro del nostro Milan». Che messaggio ha trasmesso Berlusconi a uno dei suoi campioni preferiti che aveva l’obbligo con le sue giocate di «accendere la luce a San Siro»? «Il presidente mi ricordava quando mi prendeva sottobracc­io e parlavamo di quello che sarebbe diventato il Milan. Mi diceva sempre che la gente lo considerav­a un vero e proprio Re Mida, anche con il Milan, perché tutto quello che toccava diventava oro». Be’ la storia rossonera parla chiaro... «Sì, ma ancora quando ci siamo sentiti mi ha ribadito che alla base di ogni successo c’è il lavoro, la dedizione, le 20 ore al giorno passate a creare, costruire e a trasmetter­e questi valori a chi lavora con noi». Cosa ha imparato, a distanza di 30 anni, Roberto Donadoni da questa nuova lezione, quasi un ripasso, di vita? «Che ognuno di noi deve sfruttare le capacità che ha senza trascurare nulla. Io ci sto provando...».

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