Il calcio e la fabbrica nella città fantasma
Dietro le quinte del Bate Stadio-gioiello, squadra super in patria Però i giocatori vanno a vivere a Minsk
La parola Bate nasconde un acronimo inglese. Significa Borisov Automobile and Tractor Electronics. E' la fabbrica che dal 1996 controlla la squadra, unico nucleo di interesse di una città relativamente piccola: Borisov, un'ora di macchina da Minsk in direzione Russia, è soltanto nona nella classifica degli abitanti (150.000) eppure ha vinto gli ultimi undici campionati bielorussi e si avvia a festeggiare il dodicesimo, avendo 13 punti di vantaggio sulla Dinamo Minsk che insegue. Il motivo di tanto successo è spiegato dal rampante Anatoli Kapski, cinquantenne proprietario di un'azienda che ha un nome poco rassicurante (Stalker) e che ha portato il club in Champions League partendo dalla terza divisione. Kapski è formalmente lo sponsor ma di fatto è il padrone: «Noi non abbiamo i soldi e il bacino d'utenza delle squadre di Minsk. E allora lavoriamo facendo crescere i giovani talenti, costruendo un patrimonio societario». Una fabbrica nella fabbrica, insomma, che per raggiungere la fase a gironi e affrontare la Roma ha superato tre turni preliminari.
POLO. Il signor Borisov spera di poter salire di livello grazie allo stadio di proprietà, una bomboniera di 13.000 posti inaugurata nel 2014 con una spesa di 40 milioni di euro, e magari di attirare l'attenzione sulla città, che non è il posto migliore del mondo dove vivere per economia, infrastrutture, servizi, persino igiene. Gli stessi giocatori del Bate abitano nella capitale e si spostano ogni giorno solo per allenarsi. E la Roma, dopo un sopralluogo dei suoi delegati, ha deciso di non alloggiare a Borisov (ma a Minsk) dopo aver scoperto che una squadra straniera impegnata da queste parti era tornata in patria con un paio di giocatori infettati da salmonella. In ogni caso il cuo- co di Trigoria, Luka Jurowich, è già arrivato per preparare pasti adeguati.
AUTORITARISMO. Il tasso di criminalità invece è basso. Vale per tutta la Bielorussia. I filogovernativi sostengono sia merito del temuto presidente Alexander Lukashenko, in rotta con l'Unione Europea che lo ha interdetto dall'accesso nei propri territori. La scorsa settimana Lukashenko ha annunciato di voler costruire un muro per separare il Paese dall'Ucraina e «tenere lontano il banditismo». Protagonista di azioni controverse verso l'opposizione, è l'unico presidente europeo a tenere in vigore la pena capitale. In vista delle elezioni presidenziali del prossimo 11 ottobre, annunciate in ogni strada con manifesti, cartelli e bandiere, ha liberato sei leader rivali. Ma lo ha fatto un giorno dopo la chiusura delle liste, impedendo loro la candidatura.
LA SQUADRA. Questa politica rende la Bielorussia una nazione essenzialmente autarchica, Russia a parte. Lo è anche il Bate, che schiera un blocco di giocatori della Nazionale, a cominciare dalla stella Hleb, rinforzata da un lettone (il difensore Dubra) e una piccola comunità serba (Milunovic, Mladenovic, Nikolic). Non è proprio una città da sudamericani anche se il clima in questi giorni di settembre è mite. L'allenatore è Alexander Yermakovich, quarantenne ex centrocampista, che nello sfortunato debutto di Leverkusen ha giocato con il 4-2-3-1. E se Rudi Garcia è amareggiato per gli infortuni dei suoi attaccanti, il Bate non sta messo meglio: Hleb è acciaccato e in forte dubbio mentre il centravanti titolare Rodionov rientrerà solo a novembre per un infortunio al ginocchio.