Corriere dello Sport (Roma)

Il trionfo di Piedone rinato a Palermo

- Di Massimo Grilli

Waldemaro Manfredini (nato in Argentina nel 1935) ha giocato nella Roma dal 1959 al 1965, giocando 164 partite ufficiali con 104 reti. In serie A, in maglia gialloross­a, 130 presenze e 77 gol. Nel 1961 ha vinto la Coppa delle Fiere, nel 1963 il titolo dei cannonieri, nel 1964 la Coppa Italia. Le triplette di Manfredini con la Roma, quattro nelle prime 8 gare del 1960/61 L’aereo è appena atterrato a Fiumicino, provenient­e da Palermo. Un gran numero di tifosi è in attesa sulla pista (cinquant’anni fa, evidenteme­nte, si poteva fare). Scende dalla scaletta dell’aereo Manfredini, e viene subito circondato, al grido di «Pedro, Pedro», un coro che la cronaca del Corriere dello Sport del 2 novembre del 1962 ricorda «caldo e intenso, carico di gratitudin­e e vibrante». Chi applaude, chi prende la valigia al campione, chi lo issa sulle spalle per portarlo in trionfo, anche se il bomber è sofferente per una botta presa al ginocchio e chiede di essere riportato a ter- ra. Tanto entusiasmo non si spiega soltanto con la netta vittoria (4-0) che la Roma aveva ottenuto alla Favorita, appena la terza in otto giornate, utile comunque a rimpolpare una classifica piuttosto anemica. Il fatto è che il nuovo allenatore, Alfredo Foni, appena subentrato a Carniglia, aveva come prima mossa riportato in campo - come il popolo gialloross­o chiedeva a gran voce da tempo - proprio Piedone Manfredini, che nelle ultime settimane era finito ai margini della squadra, tanto da scendere in campo solo una volta.

Rinfrancat­o dalla fiducia di Foni, a Palermo si era così rivisto quell’attaccante temibile, dal fisico possente e dalla grande velocità, che nelle prime tre stagioni gialloross­e aveva segnato 50 gol. Una gran botta dopo 9 minuti, a raddoppiar­e il vantaggio messo a segno da Angelillo, poi nel secondo tempo la rete del 3-0, «uno dei gol più strepitosi della sua carriera - scrisse il nostro inviato Ezio De Cesari - dopo aver liquidato come birilli Adorni e Grani, uno dopo l’altro» infine la terza rete personale su calcio di rigore, a sigillare la vittoria più larga ottenuta dalla Roma in casa del Palermo. Negli spogliatoi, quell’argentino ombroso, amato forse più dai tifosi che dai compagni («sui giornali c’era solo Manfredini, qualunque cosa facesse», si lamentò una volta Losi) commentò con rabbia il suo exploit: «Al posto del portiere, vedevo la sagoma di Carniglia…». Malgrado la partenza ad handicap, Manfredini riuscì in quella stagione a vincere il titolo dei cannonieri con 19 reti, alla pari con il bolognese Nielsen. Uno splendido canto del cigno, perché nei due anni successivi andò in gol con la Roma soltanto 8 volte.

Carniglia lo aveva escluso, Foni lo riportò in squadra E Pedro rispose con FavoriPedr­o3golallat­a

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