Sarri, Sinisa e i destini incrociati
È il suo miglior avvio di stagione: «Sarri mi fa sentire importante» Quest’anno le loro panchine potevano essere invertite
E quando s’è preso il pallone che ha cominciato a pensare di scovare nell’«io» più profondo d’un talento sontuoso: perché l’idea, i geni, sanno come andarla a scavare nel nulla (apparente). E’ stato un lampo accecante, il tempo necessario per lasciar che il cervello trasmettesse al corpo e lasciasse scivolare sin dentro ai muscoli quella sublime interpretazione di sé, della fantasiosa, (pre)potente espressione di Gonzalo Higuain: che si è messo a danzare, da sinistra verso destra, ha accarezzato la sfera, l’ha tenuta lontana dai «nemici», lasciandoli fermi, inchiodati nell’erba, e poi, pum, interno-collo, con parabola perfidamente deliziosa che accarezza la rete, s’adagia all’incrocio e scatena gl’improbabili paragoni. «Non so se è il più bello, ma è uno dei più belli». E’ stato in quell’istante, un fotogramma incancellabile, che il calcio è tornato a divenire l’incanto, una folgorante rappresentazione da restare stupiti, quasi scioccati, certo storditi sino all’autocompiacimento umanamente ingovernabile di quel Pipita consapevole d’essersi spinto sino al capolavoro: «Mamma mia.....». Perché ci sono prodezze che valgono e altre che restano nell’immaginario collettivo e ora che Legia Varsavia-Napoli è semplicemente un dettaglio esistenziale, il paragrafo d’un anno intero, staccarsi dai video - sui social - o derubricare quel capolavoro come semplicissimo gol diviene sa di sciatteria. «Mi sento bene, fisicamente e nella testa; sono felice e la condizione mi aiuta: ho cominciato bene e non ho voglia di fermarmi».
SUPERBOMBER. La sintesi è in quel gesto, nella leggiadrìa del movimento, nella dolcezza - quasi una danza - dell’allungo; ma il resto, invece, è nei numeri, nella loro anima ribelle che rivoltano le abitudini e trasformano le «false» partenze in uno scatto fulminante, cinque reti che contengono le doppietta alla Samp e alla Lazio e quel graffio «imperituro» alla Vecchia Signora. «Ma adesso bisogna continuare. La vittoria di Varsavia ci avvicina ad un obiettivo - vale a dire qualificarsi il più in fretta possibile in Europa League - ed è stato un successo importante, perché ha confermato la nostra solidità. Però domani ci aspetta il Milan, un club che ha una storia imponente, un’avversaria di assoluto valore: e dobbiamo dimostrare, partita dopo partita, che siamo grandi». SESSANTA. Si scrive el Pipita e si rileggono i suoi due anni stratosferici con Benitez, cinquantaquattro gol ed una coppa Italia e una Supercoppa e (soprattutto) quella dimensione favolistica importata con la sua «enormità», con lo spessore di chi è vissuto nella casa blança e può concedere il fascino di sé. E’ stato bello, diamine, sino al settantesimo di Napoli-Lazio, sino al 31 maggio del 2015, sino a quel rigore finito nelle nebbie, laddove rimaneva ancora il tormento per la finale d’Europa rivelazioni postume. Mihajlovic al Napoli c’è (quasi) arrivato davvero ma quell’amore a prima vista con De Laurentiis sfiorì lentamente, senza un autentico perché, sfiancato dalla distanza o da una diversità nel progetto, magari per il nulla, umanissime riflessioni nelle quali si persero entrambi: però si videro, e per due volte, si piacquero, si strinsero la mano, si salutarono e pensarono che un giorno... Ma in contemporanea, Maurizio Sarri sta dirigendosi verso la sua Milano da bere, e sembra stesse per farlo tutto d’un sorso, gradito a Galliani, pure al Cavaliere: fu attrazione fatale, almeno apparse come tale, e invece restarono le bollicine d’una cena, d’un brindisi col calice vuoto. Le coincidenze, magari pure stavolta, sono cicatrici del destino, oppure dettagli di sé: e il caso, o magari la fatalità, o una semplicissima circostanza, invertì contemporaneamente il percorso di Mihajlovic e quello di Sarri, spinse uno verso il Nord e l’altro verso Sud e lasciò scivolare le panchine nel senso opposto e contrario, quasi come fossero testimoni d’una sorte da (ri)conquistare nella «loro» Italia adesso capovolta. E la sera in cui ad Amalfi Mihajlovic e Sarri si ritrovarono, s’intuì osservando le onde di quel mare incantevole ch’era stata ribaltata la realtà d’entrambi, si scorse nei loro occhi (fondamentalmente sinceri) ch’era stato rovesciato il campo e che sarebbe stato divertente (comunque) incontrarsi a panchine girevoli, in un Milan-Napoli da carissimi amici.
Già sei reti segnate «Il Napoli è solido ma con il Milan deve dimostrare che sta crescendo»