«PRESIDENTE SI FIDI DI ME»
Pallotta gli dà fiducia, il tecnico lo ringrazia e rilancia «Squadra viva, con la rosa al top faremo grandi cose»
Non lo ha bruciato il solstizio d’estate sotto il quale si è tenuto il piccolo dramma degli equivoci, vengo anch’io a parlare con il presidente James Pallotta, no, tu no. Sembrava che Rudi Garcia in quel momento dovesse diventare l’ex allenatore della Roma. L’equinozio d’autunno è passato e lui è ancora lì, addirittura rinsaldato dalle parole del proprietario bostoniano: Garcia è un leader, ha solo bisogno di tempo, risolveremo presto i problemi con questa squadra fortissima.
Non gli resta che ringraziare e procedere, finché la strada è asfaltata dal supporto presidenziale: «Ci sentiamo spesso e comunque sono qui da oltre due anni e sono stato sempre sostenuto dai dirigenti del club. Nei fatti». Le parole dunque possono volare in libertà senza ferire come pietre. «Quello che mi chiede di fare Pallotta è semplicemente il mio lavoro. Cioè sfruttare le qualità dei giocatori, quelli che c’erano già, quelli che sono arrivati da poco. I secondi devono inserirsi e hanno bisogno di un po’ di tempo, i primi devono aiutarli. Servono automatismi, servono espedienti tattici. Quando ci sono si riesce a giocare un calcio di qualità, prima condizione per raggiungere i risultati che tutti desideriamo».
TACERE. Forse ci vorrebbe qualche giocatore di prima classe in più, ma Pallotta lascia capire che in fondo alla dispensa c’è già tutto. Gar- cia non gli dà torto e neppure ragione: «Le doti della rosa sono queste. Sta a noi utilizzarle nel modo migliore e con continuità. La squadra c’è, anche se a Borisov il primo tempo si è chiuso malissimo. Per fortuna l’analisi video è spietata. Non si può scappare quando mostra ciò che non ha funzionato».
Keita e Totti, Rüdiger e Dzeko, Strootman e Capradossi, tutti sottoinsiemi del grande gruppo degli infortunati. Gli ultimi due lasciamoli perdere, perché si tratta di mesi. «Seydou e il capitano con i muscoli, Antonio ed Edin con le ginocchia, guai diversi però niente che non sia risolvibile nel corso della sosta del campionato. In generale stiamo bene, altrimenti non potremmo giocare come nel secondo tempo contro il Bate. E questo è merito dello staff dei preparatori». Altro immaginario sguardo d’intesa verso gli States, da dove Pallotta ha telecostruito lo staff medesimo e ha invitato tutti a tacere e remare.
TRAGUARDI. Ognuno nel suo ambito. Quello dell’allenatore è tutto nel recinto del bel gioco o almeno del gioco efficace. E della concentrazione della squadra, che secondo Garcia non manca mai. «Altrimenti non si arriva due volte secondi. La Roma non è letargica, la Roma reagisce, come a Verona, come a Borisov. E risponde alle modifiche tattiche, che sono affar mio. Semmai a mancare talvolta è la partenza. Se mettiamo in campo tutto quel che abbiamo sin dal fischio d’inizio otterremo i risultati, a cominciare da Palermo».
Ovviamente Garcia vivrebbe meglio senza sentirsi osservato e giudicato a ogni gesto e anche quando sta immobile. « Ma non mi sono mai pentito un istante di non aver lasciato la Roma. Sto bene qui, voglio vincere titoli qui, siamo sempre in gara in tre competizioni anche se abbiamo fatto in modo di procurarci un bell’handicap soprattutto in Champions League. Quindi ci serve un’impresa con il Bayer Leverkusen. Alcuni giocatori per ora vanno a corrente alternata, ma quando non sarà più così partiremo a tutto gas. Verso la qualificazione alla prossima Champions League, chiaro, ma anche verso tutti gli altri traguardi che il club merita». E che sta pazientemente aspettando.
«Garcia è un leader grande ed efficace Lui e gli specialisti del nostro staff collaborano come un vero gruppo»
«Il problema è che alcuni giocatori sono arrivati da poco nel club E’ solo questione di dare loro tempo»
«Il lavoro produce sempre frutti Quando tutto prenderà forma i risultati attesi arriveranno»