La solitudine dell’ala sinistra
Curcio, dall’Olimpico alla ginnastica artistica «Troppe ansie: credevo di essere scarso»
Gol più fantasma dei suoi non ce n’erano. Emanuele Curcio ondeggia e sprinta intorno allo spigolo sinistro dell’area. Per 15 partite, in quella stagione del terzo posto. «Ed era la Serie A fatta di 16 squadre. Non si stava a giocare un pomeriggio sì e la sera dopo pure. Io ero convinto di essere scarso, loro ragionarono: se con Curcio e Penzo siamo arrivati terzi con altri vinciamo lo scudetto. E mi diedero all’Alessandria. Finii per smettere presto. Ho capito troppo tardi che così scarso non ero».
Rimpianti non ne coltiva, neppure per quei gol fantasmatici, invisibili, durati lo spazio di uno scatto e di un calcio. In Serie A ne ha segnati due, nello stesso giorno di sport occulto. Il 5 gennaio 1975, la Roma è a Vicenza e vince 2-0. Curcio trasforma in oro uno scambio tra Prati e Di Bartolomei prima, un lancio di Cordova dopo. Longoni, difensore e uomo sfortunato per molte ragioni, non arriva mai a toccarlo. Sulla rapida gloria di Curcio cala il blackout della Rai in sciopero. Molti anni dopo, nel 2011, un aiuto regista di Capo d’Orlando, Alessandro Bertè, pesca in archivio le immagini mai andate in onda. La Domenica Sportiva invita Curcio e ripara il torto.
O almeno l’intenzione era quella. «Ma io non volevo andare. Mi convinsero. Per me il calcio era una pagina voltata. Troppa melma. C’è sempre troppa melma quando ci sono troppi soldi». Ades- so non crediate che Curcio sia un moralista. Il suo malessere era più profondo. «Se la Roma non mi avesse ceduto avrei continuato a giocare. Invece a 24 anni ho smesso, mi hanno spinto a riprendere, a 29 ho detto basta. Ho sempre amato lo sport, lo sport indi- viduale. Con il calcio cominci a guadagnare e non ti diverti più. Ti consideri responsabile verso i compagni, verso i dirigenti, verso questo e quello. Mi sentivo solo. Un ragazzo poco più che ventenne, fuori di casa da troppo tempo. Senza gli amici che puoi anche chiamare fratelli. Gli altri facevano gruppo e andavano in giro. Io raccoglievo un sacchetto di gettoni, andavo alla cabina pubblica e telefonavo a casa».
A casa è tornato, a Capo d’Orlando. E’ nato a Sant’Angelo di Brolo, ma siamo lì, dal- Emanuele Curcio in campo con Ciccio Cordova. A Vicenza due gol spariti per un blackout della Tv
Era troppo timido per avere successo nella Roma 1974-75 «Ma ora in palestra insegno sport vero»