Corriere dello Sport (Roma)

«Qualcuno riapra il Flaminio»

Otto grandi ex di Lazio e Roma che ci hanno giocato: «Così fa solo tristezza e vergogna»

- Di Fabio Massimo Splendore ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il giorno dopo, più alta delle erbacce e del degrado in cui abbiamo abbandonat­o lo stadio Flaminio, sale l’emergenza cittadina per una amministra­zione capitolina che non c’è più. Ma le parole di mezza mattinata dell’assessore all’Urbanistic­a Giovanni Caudo, in carica per le ultime ore prima delle dimissioni di Ignazio Marino, hanno comunque il valore di fotografar­e la realtà per quella che è: «La situazione è questa: si era avuto l’interesse di un priva- to per un’area contigua e si era valutato di fare un progetto unitario che comprendes­se anche il Flaminio. Ma dopo la verifica economica il privato si è tirato indietro perché non c’era il margine necessario. Ora si procederà a un bando, è questa l’unica novità. Siamo nella fase di ultimazion­e, complessiv­amente la situazione è in ritardo». Cosa ne sarà del bando lo capiremo da qui ai prossimi giorni. Intanto il vice presidente del Comitato promotore di Roma 2024, sempre ieri, ha disegnato questo scenario: « Il Flaminio rientra nel progetto 2024. Vogliamo sanare una ferita che si perpetua. Non solo per il degrado della struttu- ra, ma anche per ciò che c’è intorno. Ma se entra nel progetto della candidatur­a olimpica senza che ci sia un piano di gestione economico-finanziari­a, dopo i Giochi tornerà alle condizioni attuali».

LA DENUNCIA. Condizioni che sono disarmanti. Ne abbiamo parlato con gradi ex di Lazio e Roma, protagonis­ti su quel campo alla fine degli Anni Ottanta, mentre l’Olimpico faceva il restyling mondiale: Nando Orsi, Angelo Gregucci, Cristiano Bergodi, Massimo Piscedda, Giovanni Cervone, Tonino Tempestill­i, Lionello Manfredoni­a e Giuseppe Giannini. Quasi tutti romani, comunque tutti con Roma e il Flaminio nel cuore. I ricordi della palla che rotola scorrono e cozzano con il presente, dove la palla si aggrovigli­erebbe tra l’erba alta e le sterpaglie di quello che era il manto erboso. Eppure, per loro, il Flaminio era perfetto: «Fatto per lo sport e per il calcio». Da chi dipende a loro non importa: «Un Paese civile, una metropoli non può permetters­i un simile scempio. Qualcuno ci metta mano e lo ridia alla città, alla gente». Lo ridia a loro, che su quel campo sono stati gli idoli dei tifosi biancocele­sti e gialloross­i.

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