«Qualcuno riapra il Flaminio»
Otto grandi ex di Lazio e Roma che ci hanno giocato: «Così fa solo tristezza e vergogna»
Il giorno dopo, più alta delle erbacce e del degrado in cui abbiamo abbandonato lo stadio Flaminio, sale l’emergenza cittadina per una amministrazione capitolina che non c’è più. Ma le parole di mezza mattinata dell’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo, in carica per le ultime ore prima delle dimissioni di Ignazio Marino, hanno comunque il valore di fotografare la realtà per quella che è: «La situazione è questa: si era avuto l’interesse di un priva- to per un’area contigua e si era valutato di fare un progetto unitario che comprendesse anche il Flaminio. Ma dopo la verifica economica il privato si è tirato indietro perché non c’era il margine necessario. Ora si procederà a un bando, è questa l’unica novità. Siamo nella fase di ultimazione, complessivamente la situazione è in ritardo». Cosa ne sarà del bando lo capiremo da qui ai prossimi giorni. Intanto il vice presidente del Comitato promotore di Roma 2024, sempre ieri, ha disegnato questo scenario: « Il Flaminio rientra nel progetto 2024. Vogliamo sanare una ferita che si perpetua. Non solo per il degrado della struttu- ra, ma anche per ciò che c’è intorno. Ma se entra nel progetto della candidatura olimpica senza che ci sia un piano di gestione economico-finanziaria, dopo i Giochi tornerà alle condizioni attuali».
LA DENUNCIA. Condizioni che sono disarmanti. Ne abbiamo parlato con gradi ex di Lazio e Roma, protagonisti su quel campo alla fine degli Anni Ottanta, mentre l’Olimpico faceva il restyling mondiale: Nando Orsi, Angelo Gregucci, Cristiano Bergodi, Massimo Piscedda, Giovanni Cervone, Tonino Tempestilli, Lionello Manfredonia e Giuseppe Giannini. Quasi tutti romani, comunque tutti con Roma e il Flaminio nel cuore. I ricordi della palla che rotola scorrono e cozzano con il presente, dove la palla si aggroviglierebbe tra l’erba alta e le sterpaglie di quello che era il manto erboso. Eppure, per loro, il Flaminio era perfetto: «Fatto per lo sport e per il calcio». Da chi dipende a loro non importa: «Un Paese civile, una metropoli non può permettersi un simile scempio. Qualcuno ci metta mano e lo ridia alla città, alla gente». Lo ridia a loro, che su quel campo sono stati gli idoli dei tifosi biancocelesti e giallorossi.