Corriere dello Sport (Roma)

LE SUE PRIME 500 PARTITE

Con l’Empoli un altro capitolo della storia gialloross­a Se ne andò Guardiola, cominciò la saga di Daniele E un amore per la maglia più forte di ogni difficoltà

- Di Marco Evangelist­i

Ne ha passate tante, nella vita e in campo, un pezzo di realtà che non sappiamo chi ha deciso non faccia parte della vita vera. Di sicuro non lui. La prima volta che Daniele De Rossi andò allo stadio con il padre - il quale fa l’allenatore della Primavera e di proposito si è sempre tenuto ben lontano dalla prima squadra anche quando questa gridava aiuto - guardava più la curva che il campo. Quei tifosi davano le spalle al gioco per incitare gli altri a cantare. Lui si sentì parte di qualcosa. Adesso si sta girati per protesta e nello stadio silente De Rossi partecipa a un calcio sofferto che non si aspettava di dover conoscere.

MUSCOLI E TECNICA. Gli hanno cambiato il campo e la vita intorno, ma hanno fatto tutto gli altri. Lui da 500 gare a questa parte tira dritto e guarda preferibil­mente in alto o in basso per non vedere troppo, per non farsi distrarre. Forse una volta era più allegro, ma chi non lo è? E al preparator­e di una delle prime squadre giovanili regalava scintille di tecnica, guarda professore, questo è per te, e da centrocamp­o calciava il pallone giusto contro la traversa.

Adesso, 500 partite dopo, dicono di lui che i suoi muscoli sono meglio dei suoi piedi e che ha ancora da imparare se vuole traslocare dal centrocamp­o alla difesa. E’ sempre stato così, poco attratto dagli orizzonti perduti. Li osserva da lontano, il mare di casa sua a Ostia, le distese americane quando va in vacanza con la compagna Sarah Felberbaum, che lo considera la sostanza della sua vita, e le figlie. Avesse amato davvero l’altrove, non ci sarebbero stati problemi. Il Real Madrid offriva 50 milioni, il Manchester United 12 non più tardi di due anni fa, mentre nelle orecchie del mediano ronzava il malumore della città che gli rinfacciav­a il suo stipendio di 6,5 milioni. «Ma per fortuna l’offerta è arrivata tardi. Se fossi andato a Manchester avrei finito per suicidarmi».

Così disse, e dunque è sempre a Roma, 500 partite dopo, anzi 499, meglio essere precisi e non passare per menagrami. Anche se manca poco alla 500ª: arriverà sabato 17 alle ore 18, Roma-Empoli. Del contratto, che scade nel 2017, si parlerà. Intanto gli daranno una targa ma non quel giorno, perché fabbricarl­a in anticipo sì che potrebbe essere da menagrami. L’avrà alla successiva partita in casa, il 28 ottobre con l’Udinese.

Il debutto avvenne in Champions Capello lo lanciò in campionato dopo l’addio di Pep

La vita, il campo e la Roma sono stati per lui una cosa sola «Fossi andato via mi sarei suicidato»

DESTINI. Risuona persino bene con la data del debutto. Quattordic­i anni fa quasi precisi, quasi fatidici, 30 ottobre 2001, Roma-Anderlecht 1-1 di Champions League. Lui ha 18 anni, Fabio Capello ne ha 55 e sta in panchina, la squadra vince lo scudetto e Daniele la guarda per tutto il campionato con la maglia numero 26.

Di numeri, di allenatori, di

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