Verona e la storia per un altro show
Sul terreno del Chievo firmò la sua prima rete italiana ora vuole ritrovare il gol esterno che manca da gennaio
Eppure c’è un buco (nero? azzurro?) nel quale smarrirsi, cercando comunque se stesso: eravamo rimasti all’Olimpico, il 18 gennaio del 2015 di quella che sembra (quasi) un’altra vita di un «altro» Gonzalo Higuain. Eppure accade, è nei fatti, nei tomi di statistica che accolgono il calcio, con i suoi pubblici - e amabili - vizi ma anche con i suoi «impercettibili» difetti, che restano lì, numeri nel vuoto pneumatico del chiacchiericcio che nasce all’Olimpico di Roma, il teatro galattico nel quale Higuain segna la sua ultima rete in trasferta (in campionato) prima di intraprendere, inconsapevolmente, un lunghissimo digiuno (che resiste). Verona, ventisei mesi fa: è un romanzo che comincia con Chievo-Napoli e che stasera offre un nuovo capitolo, per togliersi la polvere dalle spalline.
CHE BOMBER. Intanto, il mondo ha continuato a rotolare come deve, perché Higuain non s’è negato assolutamente nulla: otto gol in questo scorcio di stagione - sei al San Paolo, i due europei, per gradire, fuori casa - ma anche otto reti nei quattro mesi che vanno dalla sfida alla Lazio al contraccolpo psicologico con la Lazio (al San Paolo), la serata glaciale che lascia penetrare quel «mostro» nelle tenebre, l’avvolge dell’amarezza di un rigore sbagliato pure nella finale di Coppa America (ed eravamo al 5 luglio), gli strappa non l’energia ma l’allegria. Ma il principe del gol resta lui, stavolta con la certificazione della classifica cannonieri che con Insigne viene declamata in napoletano, e ciò che resta è un «tabù» rigorosamente tra virgolette, un neo che sparisce al confronto della bellezza dei capolavori.
L’ACUTO. Fu un gesto di (pre)prepotenza tecnica e atletica: Mertens che gli lancia una palla nello spazio, lui che corre spalla a spalla con Radu, poi entra in area, ma è defilato, e piega le mani di Berisha. E’ l’ultimo lampo nella versione viaggiatore, un colpo secco che risale a otto mesi fa, per la precisione un ritardo lordo di 279 giorni e netto di 1242 minuti, la somma (priva dei recuperi) ch’emerge dalle tredici trasferte in bianco. E’ un pipita in versione normale, pardon umana, la controfigura dell’alieno che s’è preso il Napoli e se lo è caricato sulle spalle in quest’avvio così prodigo, inconsueto per le sue abitudini, che prevedono partenze moderate e poi sistemano slanci d’euforia.
IL LEADER. Ma intanto Higuain c’è, con l’estro di sempre, quello del Real Madrid e del Napoli di Benitez, quello dei cinquantaquattro gol in due stagioni, quello della doppietta di Doha, quello della Coppa Italia e della Supercoppa alzate verso il cielo, quello che si consuma in lacrime, seduto sull’erba del San Paolo, dopo gli inutili dodici punti in Champions: è l’attaccante moderno - e anche un po’ antico - che ha trasformato il Napoli, dandogli un respiro più internazionale; è il centravanti che da solo fa reparto e che modifica il valore, elevandolo ed anzi esaltandolo; è mister quaranta milioni di euro, l’acquisto più costoso della storia d’un club che con el pipita ha scoperto di avere un fascino invidiato. E se alle spalle resta questa striscia, un deserto nel quale ha passeggiato egualmente con grazia, segnando a raffica (la media complessiva, tra campionato ed Europa League, è di un gol ogni novantacinque minuti) e ispirando solennemente (due assist finora), se n’è fatto una ragione e ha cominciato a guardare oltre: stadio «Bentegodi» di Verona, domenica 25 ottobre, c’è Chievo-Napoli, dove il «fenomeno» Higuain si fece notare la prima volta. Le vie del signore del gol sono infinite.
Ultima marcatura in trasferta allo stadio Olimpico contro la Lazio Poi 13 gare a secco
L’argentino continua tuttavia a segnare con regolarità: otto reti in questo scorcio di stagione
La sua media è di una marcatura ogni 95 minuti e con Insigne è il re dei bomber