«In Turchia mi sento rinato»
«Con il Fenerbahce ho già avuto più soddisfazioni che nella NBA»
La serenità di Gigi traspare dalla voce: rilassata e sicura come sempre, ma con una brillantezza che gli anni trascorsi nella NBA gli avevano tolto. Dopo tanta panchina in un pianeta dove spesso vogliono solo specialisti e non giocatori che sappiano giocare a basket a 360 gradi, Datome non era più lui, ovvero un atleta e un uomo straordinario per talento, carattere e cultura. Ora, dopo la sfortunata esperienza agli Europei che lo hanno visto subito infortunarsi, il sardo-americano ha trovato a Istanbul un altro mondo da scoprire. E, finalmente, è tornato a sentirsi come quando ha preso per la prima volta in mano un pallone: cestisticamente vivo.
Gigi, com’è Istanbul?
« L’ho visitata ancora davvero poco. Dopo gli Europei ho raggiunto la squadra in Croazia, poi sono stato in un hotel a Istanbul, infine il tour negli Usa. Qualche giorno fa ho trovato casa e ora ho più tempo per me. La città? Per quello che ho potuto vedere c’è una parte asiatica che è più vivibile e una parte europea. Io vivo in quella asiatica, a due minuti di macchina dal palasport: la zona sì è sviluppata parecchio negli ultimi tempi, mi hanno raccontato, ma è molto meno caotica. Quando ero a Detroit vivevo a 20 km dall’impianto dei Pistons. La gente qui va a duemila: sono tutti molto frenetici, sia a piedi che in macchina. Mi ricordano i miei vecchi tempi a Scafati e Roma!»
Che tipo di club è il Fenerbahce?
« Ha un’organizzazione di alto livello: senza di essa non sarei riuscito a trovare una casa e ad avere il telefono in così poco tempo. Qui, come nella NBA, tutti nella società lavorano perché i giocatori possano concentrarsi solo sulla pallacanestro»
Obradovic è considerato un santone del- la panchina in Europa, visto che ha vinto otto volte l’Eurolega. Le sue scenate a bordo campo contro gli arbitri o i propri giocatori sono leggendarie. E’ davvero l’orco che sembra?
«Per me anche in allenamento è una persona molto godibile. Certo, quando è necessario si incazza di brutto e diventa tutto rosso. Poi però gli scappa anche una risata, una battuta. Ed è anche il primo a dirti bravo e a incoraggiarti se fai qualcosa di positivo: è davvero piacevole averlo come insegnante di ba
sket, mi ci trovo benissimo».
Quanto è stato importante nella sua decisione di dire sì al Fenerbahce sapere che il general manager era Maurizio Gherardini?
«Mi ha convinto a fare la mia scelta. E’ un dirigente che ha fatto la storia della pallacanestro italiana, è stato nella NBA, ed è soprattutto una persona perbene. Saperlo presente durante la trattativa con il Fenerbahce ha reso tutto molto credibile ai miei occhi».
«A Istanbul sono coinvolto nel gioco. E Obradovic mi incoraggia a essere me stesso»
«Il clima politico? Evito posti affollati come mi consiglia l’ambasciata, ma io mi sento sicuro»
Com’è il basket turco?
« E’ fisico, anche abbastanza ruvido e sporco. Difficile giocarlo, specie sotto canestro: un nostro giovane farebbe fatica. Però è anche una pallacanestro di livello, con tanti club che partecipano all’Eurolega».
Cosa hanno di speciale vostri tifosi?
«Quando abbiamo giocato l’amichevole a Brooklyn, facevano più “casino” loro che i fan dei Nets. In casa, a Istanbul, riescono a creare una vera bolgia. Spesso intonano il mio nome, mi incitano, mi riconoscono per strada, mi chiedono di fare foto con loro. Si respira una bellissima atmosfera; quella che mi mancava negli Usa, anche a Boston il pubblico è davvero eccezionale. Qui la tifoseria la chiamano La Repubblica del Fenerbahce: 30 milioni di persone...»
E questo come la fa sentire dopo 3 anni