Giannini: Siamo unici al mondo
«Spero che la catena di capitani non finisca: per Roma è un vanto»
Deve ringraziare il Milan, che negli Anni 80 si divertiva a strappare i capitani alla Roma. Era successo nel 1984 con Agostino Di Bartolomei, in un doloroso trasferimento, la storia continuò con Carlo Ancelotti. E così Giuseppe Giannini, anni 23, si trovò improvvisamente a ereditare la fascia in coincidenza con l’addio di Sven Goran Eriksson.
Non era una grandissima Roma, quella. Anche se Nils Liedholm, appena rientrato alla base, riuscì a condurla al terzo posto che all’epoca valeva la qualificazione alla Coppa Uefa e non la Champions. Giannini non tremò davanti alla responsabilità del ruolo e segnò subito 11 gol, diventando capocannoniere della squadra e meritandosi la partecipazione all’Europeo in Germania con la Nazionale di Azeglio Vicini.
Giannini, come si spiegano tanti capitani romani alla Roma?
«Credo che la tradizione, bellissima, non sia casuale. E’ dovuta essenzialmente a una continua ricerca. La Roma è una società che valorizza il settore giovanile con l’obiettivo di portare sempre i giocatori in prima squadra. E’ successo così anche a me».
Cosa ricorda dell’emozione della fascia?
«Ricordo il senso di responsabilità che trasmetteva. Non è facile gestire le cose quando sei capitano, devi essere sempre informato su tutto e guardare tutto. Ma era anche un grande orgoglio per chi, come me, era stato prima di tutto tifoso di quella maglia».
E’ più un onere o un onore, quindi?
«Tutt’e due le cose. In assoluto però lo definirei in un altro modo: quando un romano romanista indossa la fascia di capitano, e da noi accade spesso, è un vanto. Per il giocatore ma anche per la società, per i tifosi e per la città».
Lei venne degradato da Ottavio Bianchi nella stagione
1991/92.
«Sì ma è successo soltanto per un breve periodo, per alcune partite. Del resto come è noto i miei rapporti con l’allenatore non erano proprio ottimi... Ci rimasi male, perché Bianchi mi tolse una cosa che era mia. E così la fascia passò a Voeller, che è un amico. A proposito, spero non faccia brutti scherzi la settimana prossima con il Bayer Leverkusen».
Poi Bianchi venne allontanato, Voeller andò al Marsiglia e Giannini venne di nuovo promosso. Cosa le disse Boskov al suo arrivo a Trigoria?
«Grande Florenzi un degno erede ma prima diamo spazio a De Rossi, che lo merita tanto»
«Niente. Non ci fu bisogno di dire niente, perché il capitano ero io e si sapeva».
Florenzi le sembra un degno erede della dinastia?
«Certamente sì. Ma quando smetterà Francesco c’è ancora Daniele (li chiama per nome, ndr) che merita di fare il capitano per un po.’ L’importante è che la catena continui. E che non finisca mai. Florenzi può prolungarla, rendendo la Roma un caso unico al mondo».