Rivoluzione i Giochi aprono ai transgender
La svolta è importante, a prescindere dalle discussioni, le polemiche che scatenerà. Se il calcio continua a scambiarsi insulti di vario tipo, lo sport fa un passo avanti. Già dalle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro, infatti i transgender potranno gareggiare nella categoria alla quale si sentono appartenere senza prima doversi sottoporre ad un intervento chirurgico di riassegnamento del sesso.
La proposta anticipata da un servizio del “Guardian” è già stata discussa dalla Commissione medica del CIO e verrà votata prima dei Giochi brasiliani. Di fatto un’apertura immediata, anche se resta l’obbligo da parte ad esempio dell’atleta uomo che vuole gareggiare tra le donne di superare un test sul livello di testosterone che deve essere in media con quello femminile (10 nanogrammi per litro) e gli esami risalire ad almeno 12 mesi prima della gara. Test che non intacca la portata della rivoluzione. Dal 2003 infatti, il cambio di sesso andava certificato per norma con un’operazione che ora invece non è più indispensabile per garantire «l’equa concorrenza».
Una rivoluzione culturale e di civiltà figlia di alcuni casi di iperandroginismo come quello della velocista indiana Dutee Chand e prima ancora dell’ottocentista sudafricana Caster Semenya che avevano generato dei dubbi sulla categoria di appartenenza di alcuni atleti. La Semenya, ad esempio, oro mondiale nel 2009 e argento ai Giochi di Londra 2012 sugli 800 è nata con ormoni maschili e femminili e per tanto, troppo tempo è stata più oggetto di curiosità, battute e inchieste, invece che persona da proteggere. Ora la sensibilità sembra cambiata e lo sport pronto ad accogliere tutte le potenziali diversità.
Non più necessari interventi chirurgici Basterà un esame sul testosterone per stabilire il genere