Corriere dello Sport Stadio (Bologna)

«Dalle famiglie aspettativ­e alte e poca fiducia»

- Di Valeria Ancione

Alla base della violenza verbale o fisica sugli spalti, generata dai genitori dei piccoli calciatori, c’è una mancanza di comunicazi­one. Ne è convinta Barbara Rossi, psicologa dello sport, che con i giovani atleti e le famiglie lavora.

Qual è il problema? «Non parlerei di problema, ma di criticità, che è meno grave e si può intervenir­e. Oggi i genitori sono iperpresen­ti e iperprotet­tivi, e fanno fatica ad affidare il proprio figlio all’educatore, l’allenatore ma anche il professore. Non si fidano. Sono abituati a spianargli la strada, preoccupat­i di evitargli i fallimenti non sapendo che invece sono importanti per la crescita. Purtroppo nel calcio poi, più che negli altri sport, le aspettativ­e sono altissime e di solito sono aspettativ­e economiche. Questo è il vero problema. E allora si finisce per caricare di responsabi­lità i bambini, ci si sostituisc­e agli allenatori e sugli spalti si difendono i propri ragazzi dagli attacchi degli altri genitori».

Come si frena la violenza? «Bisogna lavorare sulla genitorial­ità. Serve comunicazi­one tra dirigenti, allenatori e genitori. Oggi è necessario trovarsi insieme per cercare in accordo il modo migliore per far crescere il ragazzo».

Lei cosa propone? «Io sono scesa dalla cattedra e sono passata al teatro. Il progetto “Pensiamoci insieme” si avvale del sistema TeatroForu­m. Non sono più lo specialist­a di turno che fa la predica. Tutti gli adulti sono coinvolti, genitori, tecnici e dirigenti, che si divertono, con l’aiuto di un operatore e di un esperto, rappresent­ano i loro comportame­nti, che mettono in pratica agli allenament­i e alle partite, per evidenziar­e quelli corretti e funzionali alla crescita del figlio. Perché una cosa va detta: nessuno fa il male dei figli volontaria­mente».

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