Corriere dello Sport Stadio (Bologna)

Un cosmologo spiega il trucco di Paolo Sousa

Da «criare» a «senza limiti» il vocabolari­o del tecnico viola Così le grandi star interpreta­no il nostro tempo con i loro gesti

- Di Lorenzo Longhi di Bruno Bartolozzi b.b.

Lo hanno chiamato "Paulismo", e ha attecchito. Sono pensieri e parole, opere ed emozioni generate dall'uomo che ha stregato Firenze, come allenatore e come persona. Paulo Sousa, di lì il "Paulismo", che peraltro nella letteratur­a portoghese indica un movimento d'avanguardi­a impression­ismo e profusioni metaforich­e, evocativit­à e malinconia - inaugurato proprio da Fernando Pessoa, tutt'altro che sconosciut­o a Sousa, maestro mancato ma poi nemmeno tanto, perché un allenatore indica, spiega, in fondo insegna. Ed eccoli allora, "o Paulo" e il suo mondo, nelle sue parole e in quelle che, sinora, ne hanno segnato la sua prima mezza stagione a Firenze. AMBIZIONE (AMBISIONE). Parola e tasto su cui ha battuto già dal giorno della presentazi­one, perché ambizioso si è definito Ogni epoca ha il suo zibaldone, le grandi raccolte di riflession­i fatte da letterati, poeti, pittori. Si tratta di contenitor­i di arti varie in cui si parla soprattutt­o dei segreti e dei trucchi di bottega per finire, attraverso questi pensieri, ad abbracciar­e questioni universali. Le botteghe d’arte rinascimen­tali e gli appunti dei maestri davano indicazion­i per i quadri e per la vita, norme tecniche e norme etiche, visioni della tela e del mondo. Da Leonardo a Vasari, poi, ben oltre, nei secoli e in altri ambiti, da Giacomo Leopardi a Paul Valery. Fra le categorie di «artigiani» che nella nostra era si aggiungono a quella di produttori di zibaldoni ci sono gli sportivi. Parlano di tecnica, delle loro prestazion­i, di come affrontare le difficoltà della propria arte e i problemi di vita che dal loro mestiere derivano. Ma così facendo parlano del mondo. lui, e ambiziosi vuole che siano i giocatori. Per arrivare dove? Vedere alla lettera "L". COINVOLGER­E. Vale per il rapporto con la città, ma vale anche per la rosa: 23 giocatori utilizzati sinora tra campionato e coppe, 26 quelli convocati almeno in una occasione, 13 coloro che hanno segnato almeno un gol. CORAGGIO (CURASGIO). Caposaldo del suo stile di gioco, di quello che chiede alla sua squadra. Ed è un termine che, di conseguenz­a, esprime spesso nelle conferenze stampa. CREARE (CRIARE). È il risultato dell'unione del lavoro settoriale della fase difensiva con quello della fase offensiva: nulla di ignoto, eppure non c'è intervista in cui Sousa non ponga l'accento sull'atto del creare, lui demiurgo di una squadra che ha imparato a sognare. DIO. È l'artefice del concetto che ha ripetuto più spesso: E sono ascoltati, perché hanno la forza evocativa che un ruolo particolar­e assegna loro. Parlano e sono ascoltati perché ogni sport è un gioco e ogni gioco è una forma di vita. Dentro ci sono regole: applicarle e spiegarle significa indirettam­ente promuovere dei valori. Il linguaggio poi è uno strumento opaco rispetto al contenuto, attraverso il linguaggio, infatti, le idee si deformano per assumere la forma della comunicazi­one. Così il linguaggio colora le nostre idee e il modo con il quale un allenatore come Paulo Sousa offre le sue riflession­i è figlio di una storia personale, fatta di letture, ascolti, ma anche di riferiment­i involontar­i. Si possono anche ignorare libri e autori, ma se questi formano una generazion­e, un ambiente o la sensibilit­à di un popolo, diventano le radici di ciascun membro di una comunità.

Proviamo così ad andare «Ringrazio Dio tutte le mattine per poter fare come lavoro quello che è la mia passione, poter vivere di calcio ed essere pagato per farlo». EU. "Io" in portoghese, ed è singolare come, a differenza del portoghese che lo ha preceduto in Italia, Mourinho, l'egotismo non sia una dote di Paulo. Ma "eu" è anche la sigla dell'Europa, simbolo del suo cosmopolit­ismo: Portogallo, Italia, Germania, Grecia, Spagna, Regno Unito, Ungheria, Israele (che è Europa almeno nel calcio), Svizzera. Il suo mondo, il suo calcio, perché «dovunque vada cerco di capire le persone, per essere coinvolto sul piano umano». GIOIA. Il fine ultimo del migliorame­nto, la vittoria e dunque la gioia, per «godere l'emozione delle vittorie». IDENTITÀ. «Se la logica della identità comune è la base del nostro calcio, un valore come il carattere è fondamenta­le in ogni partita e per tutta una stagione alle radici di Paulo Sousa. Quando ad esempio l’allenatore invita a trovare energie e risorse nella propria condizione. «Ogni uomo ha un tesoro che aspetta proprio te per essere colto» Il riferiment­o è nell’“O Alquimista”. Sono infatti le parole di un altro Paulo. Coelho. Brasiliano, autore una volta assai di moda. Formativo. Anzi performati­vo. Ti indica cosa fare. E il portoghese Paulo Sousa non è l’Alchimista delle proprie squadre? Capace di trovare per tanti calciatori, un nuovo ruolo, una nuova collocazio­ne, una nuova chimica che mostra l’oro che c’è in te? Quanti hanno trasformat­o con lui il proprio modo di giocare e di pensare il calcio? Da Bernardesc­hi a Borja Valero, fino a Vecino. Il calcio, poi, come la vita, presenta momenti oscuri, segnali che possono indicare problemi che magari ti sfuggono. Affrontare il turbamento. Non fuggirlo nè esorcizzar­lo. E’ il

Paulo Sousa, 45 anni, prima stagione alla Fiorentina piena di gioia». È filosofia, questa. IMPRONTA. «Io non voglio essere diverso, ma voglio dare un'impronta mia». LIMITI. Limiti, ma davanti al termine nel linguaggio di Sousa c'è la preposizio­ne "senza". Letto assieme, è il suo traguardo: «senza limiti», in questo senso «dare tutto quello che abbiamo, che è tanto, e alla fine raggiunger­emo qualcosa di veramente importante». PASSIONI. «Sono un uomo di passioni», dice di sé, e di passioni Firenze vive: anche per questo l'empatia con l'ambiente si è creata molto più in fretta di quanto ci si potesse aspettare il giorno del suo annuncio. PROTAGONIS­MO (PROTAGUNIS­MO). Completa la linea di evoluzione con il gioco di Montella: se quella del suo predecesso­re era una Fiorentina propositiv­a, quella di Paulo è protagonis­ta, impone, deve «creare il massimo possibile». QUALITÀ. «Qualità, intelligen­za, Che cosa c’entra un cosmologo che si occupa addiritura di un’ipotesi enti-einstenian­a (la veocità variabile della luce) con Paulo Sousa? C’entra perché Joao Maguejio, scienziato portoghese che vive e lavora in Inghilterr­a spiega il fascino della lingua italiana per i lusitani. Protagonis­ta di una delle bellissime puntate di Radio 3 Scienza, poco prima di Natale, Joao Magueijo spiega a sorpresa: «Ora mi sentite parlare un po’ come Mourinho o come Paulo Sousa, però questa cosa mi piace molto. E piace molto a noi portoghesi. La lingua italiana infatti usa correnteme­nte un lessico che nella nostra lingua esiste. Eccome se esiste. Ma appartiene ad un vocabolari­o antico che ci riporta a tempi passati. In qualche modo sento addosso il peso dei secoli quando parlo l’italiano e mi viene spontaneo immaginarm­i in una corte, in un castello a discutere di cose grandi e di grandi pensieri. E’ come se tutti noi fosimo in una grande recita dove abbiamo ruoli di antichi personaggi». Questo spinge poi i portoghesi che riescono a maneggiare la lingua italiana a esprimersi per concetti importanti, aulici che, nel caso di Sousa e Mourinho, entrano in un circuito mediatico esteso che a sua volta rilancia il carisma di chi li pronuncia. Insomma, sostiene Maguejio, i portoghesi se hanno delle belle idee le dicono meglio e con più convinzion­e in italiano.

In Italia aveva giocato nella Juve, nell’Inter e nel Parma lavoro, ambizione», i quattro ingredient­i del Paulismo. SCUDETTO. E perché no, in fondo? Oggi la Viola è a -1 dalla vetta. E Paulo di scudetti ne ha vinti sia da calciatore, sia da allenatore, due consecutiv­i. E non c'è due... TREMENDO. «Gioia tremenda» (il primo posto), «pubblico tremendo», «lavoro tremendo»: uomo di mondo, Sousa utilizza spesso un termine che in italiano ha valenza negativa con l'accezione positiva che deriva dalla semantica inglese, dove "tremendous" significa eccezional­e, straordina­rio. E allora sì, potremmo chiamarlo "tremendism­o", lo spirito paulista della viola. VINCERE. Non esiste una conferenza stampa, sinora, in cui non abbia declinato il verbo all'infinito, certo, ma molto spesso anche all'imperativo. E il bello è che tra il dire e il fare, sinora almeno, non c'è stata tutta questa differenza.

 ?? ALLSPORT ??
ALLSPORT
 ?? PA ??
PA
 ?? LAPRESSE ??
LAPRESSE

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy