Corriere dello Sport Stadio (Emilia)
Niki, fenomeno contromano
Dal tempestoso addio al Drake alla «Ferrari-spaghetti»
FU UN EROE. Niki Lauda fu un eroe, perché illuminato da un raziocinio esemplare. Il suo ragionamento si elevò rispetto a quello degli altri piloti che, qualsiasi cosa avvenisse attorno a loro, si calavano in macchina e correvano: ebbene Niki fu l’unico, uno dei pochissimi almeno, a capire quale fosse la cosa giusta da fare (oggi la coscienza dell’autoconservazione è differente, ma non è questa la sede per approfondirlo).
Aveva parlato poco tempo prima con la morte, occhi negli occhi, nelle fiamme del Nürburgring e in quel che ne seguì. Il mondo ebbe rispetto per la sua decisione, rapito dal suo ritorno in pista avvenuto a Monza in condizioni che oggi nessun medico autorizzerebbe: le ustioni oscenamente fresche, le ferite aperte, una palpebra quasi inesistente.
Ne fu testimone Mario Andretti, vincitore al Fuji: «Correre quel giorno fu una cosa assurda, stupidissima, cui fummo costretti dagli organizzatori. Diluviava, l’asfalto era attraversato da torrenti, io per tenere dritta la mia Lotus Lauda non è solo un grande campione e un eccellente dirigente sportivo, ma è stato sempre incline a contrasti e polemiche. Personaggio controcorrente, spesso è entrato in rotta di collisione con il potere.
Manifesta questo atteggiamento già nella sua carriera di pilota: dopo il titolo sfumato nel 1974 per la dispersione di punti fra lui e Regazzoni, compagni alla Ferrari, i rapporti fra l'austriaco e lo svizzero si logorano sempre di più e Clay lascia la Rossa alla fine del 1976. Nel 1977 si verifica un contrasto a ben altri livelli: dopo la conquista del secondo titolo iridato, Lauda lascia la Ferrari con due gare d'anticipo sulla fine della stagione. Sarà sostituito dal mitico Gilles Villeneuve. « Fra due anni vedremo dove sarà la Ferrari e dove sarà Lauda», dichiara l'austriaco con aperto spirito polemico all'atto dell'addio. I fatti non gli daranno ragione: nel 1979 la Ferrari conquista con Jody Scheckter il terzo titolo in cinque anni, dopo i due di Niki (19751977) mentre Lauda, dopo una fallimentare esperienza alla Brabham, annuncia il primo ritiro dalla F.1.
Ma le polemiche contro la Ferrari si faranno più pungenti da dirigente della Mercedes. Nel 2014 Niki accusa Ecclestone e Montezemolo, ancora presidente della Rossa, di voler modificare le regole per favorire il Cavallino. L’attacco più eclatante arriva nella stagione scorsa, quando Niki attribuisce gli scarsi risultati della Rossa all'approssimazione nei metodi di lavoro. «Se la Ferrari sa fare solo spaghetti, che colpa ne meritatamente vinse il titolo per poi dire, senza grattare sotto la crosta dell’ovvio: « E’ il mio giorno fortunato».
Fu crudo Jacques Laffite: «Lauda - disse a gara conclusa - ha rinunciato a difendere il titolo e questa sera si mangerà le dita. Se non se la sente di correre in situazioni difficili, non può aspirare a essere il campione».
Né fu tenero Clay Regazzoni che, ricordiamolo, era nella nutrita lista dei nemici dell’austriaco. Nel novembre 2006, un mese prima di morire in un incidente stradale, il baffuto svizzero si era pronunciato così: «Mai saputo di accordi tra i piloti, che il mio amico Niki si sia un po’ rincoglionito? Piuttosto è ora di dire la verità: nei tre anni che ho passato con lui alla Ferrari, Montezemolo (allora ds di Maranello, ndr) ha appoggiato sempre Niki più di me. Alla fine dei conti pote- ha la Mercedes?», sarà il suo caustico commento. Solo le scuse di un imbarazzato Toto Wolff chiuderanno il caso.
Nel 2015 il contrasto sembra scoppiare addirittura all'interno della Mercedes, dopo il rifiuto dei tedeschi di fornire motori alla Red Bull quest’anno: i vertici del team austriaco accusano apertamente Toto Wolff di aver fatto fallire la trattativa in contrasto con Lauda, con il quale l'accordo sarebbe stato praticamente fatto. Un esempio clamoroso di questo atteggiamento di opposizione si era verificato già al suo arrivo da presidente non esecutivo alla Mercedes a fine 2012: sfidando il prestigio del mito Schumacher e l'orientamento del team, Niki non aveva esitato a portare in squadra Lewis Hamilton. Mossa risultata, alla fine, vincente. vamo vincere tre Mondiali e ne arrivò solo uno: il Fuji dimostra il perché».
In effetti il box non lavorò per Regazzoni quel giorno, ma non per un oscuro disegno: patì l’inatteso ritiro di Lauda come un colpo d’incontro preso a freddo. «Scheckter si fermò, montò gomme da asciutto e cominciò a girare tre secondi più veloce - il racconto di Regazzoni - Gli altri lo imitarono; io non fui neanche richiamato al box, rientrai di mia iniziativa e lo trovai semivuoto». I capi se ne erano andati in aeroporto assieme a Lauda: «Se avessero gestito la mia corsa sarei arrivato davanti ad Hunt. E Niki avrebbe avuto quel maledetto titolo».
FU TRADITO. Il racconto scolora nella terza ipotesi, che poi è quella che sostiene il giallo: ci fu un complotto? Esisteva un gentleman agreement che fu rispettato da Lauda, Carlos Pace ed Emerson Fittipaldi, ma disatteso da tutti gli altri?
Certo i nemici non gli mancavano: Regazzoni per la gelosia, Ronnie Peterson il cui arrivo alla Ferrari era stato silurato da Lauda pochi mesi prima, Carlos Reutemann chiamato per sostituire l’austriaco a Monza, ciò che lo aveva profondamente offeso.
Di questa idea è rimasto Daniele Audetto, allora direttore sportivo: « Inutile che qualcuno lo neghi, il patto tra i piloti per fermarsi subito dopo il via c’era ed ebbe come garante Bernie Ecclestone (allora capo alla Brabham ma già leader tra i costruttori, ndr). Lui fu chiaro con Niki e gli altri: “sta per chiudersi la finestra del satellite Tv e rischiamo grosso con gli organizzatori. C’è una via di uscita: metteteci al riparo da inadempienze contrattuali prendendo il via. Poi tutti a casa, se volete”».
Secondo Audetto «anche Hunt era d’accordo per fermarsi, ciò che aveva tranquillizzato Lauda. Ma in gara le cose non andarono così. E Regazzoni ha ragione: noi al box andammo nel pallone. Gestendo bene la corsa di Clay forse avremmo salvato il titolo di Lauda. Quando avvisai Enzo Ferrari di come erano andate le cose, la sua reazione fu contenuta: per lui Niki era un redivivo e andava rispettato. Poi il vecchio andò su tutte le furie quando, la settimana dopo, scoprì che gli altri avevano buggerato Niki non fermandosi».
Una variante di questa versione vorrebbe far passare Lauda per un pollo: Niki cedette scioccamente all’orgoglio, giacché era palese che gli altri non si sarebbero fermati. Il che ci porta alla domanda: bisogna fare ciò che sembra giusto a noi o ciò che gli altri ritengono giusto?
Audetto allora era il ds della Ferrari: «C’era un’intesa per non correre, con Ecclestone garante»
L’austriaco: «Ero e resto convinto della mia decisione» Una gara destinata a restare mistero
LE SUE PAROLE. « Su quella giornata si sono dette un sacco di cavolate - ricorda Niki -, a esempio che non ci vedessi bene per via delle palpebre bruciate al Nürburgring. Idiozie: io ci vedevo benissimo, ma correre in quelle condizioni era semplicemente demenziale. Diluviava e avevamo trovato una decisione comune: se la pioggia non diminuisce, non corriamo. Concordammo poi di prendere il via per non privare le squadre dei premi-partenza e per la Tv. A un certo punto il direttore di gara ci mise fretta: bisogna partire subito perché presto sarà buio e la gara potrebbe non concludersi. Andammo via scuotendo la testa».
In questo non detto, nella mancanza di un accordo finale preciso, il destino inserì il suo grimaldello e spaccò.
« Quando mi fermai e compresi che gli altri non lo avrebbero fatto, non era più affar mio. Ero e resto convinto di aver fatto la cosa giusta».
Ebbe coraggio, ebbe paura, fu tradito, ripose male la sua fiducia: tutto vero. Comunque sia andata, davanti a Niki Lauda giù il cappello.
A fine 1977 sbattè la porta: «Fra due anni vedremo dove sarò io e dove sarà il Cavallino». E perse