Corriere dello Sport Stadio (Firenze)
Il bacio di Insigne «Scudetto? Si può»
«Una doppietta qui, qualcosa di fantastico»
Ci sono cose che si pensano e poi, ma vada alla malora la scaramanzia, si dicono: perché quando è successo tutto, ma proprio tutto, quattro reti al Milan, la prima doppietta con la maglia del Napoli e in uno dei Santuari del calcio, cosa volete che sia pronunciarla per intero....«Scudetto? Ce la giochiamo». La notte è fatta per segnare, per sognare, per tuffarsi nelle tenebre e poi uscirne baciati dalla luce di san Siro: «Due gol in questo stadio è qualcosa di fantastico». E’ stato bello, anzi bellissimo è stata l’espressione alta d'un calcio divenuto sublime, esaltato da un 4-0 che spinge Sacchi a definirlo «il talento più geniale dell’ultima generazione» e che lascia ad Insigne brillare gli occhi, perché la Scala del calcio è ai suoi piedi, fatati, che disegnano assist e parabole adorabili che evocano il Fenomeno: «Però calma, lui è Dio per sempre. Nessun paragone con Maradona.Ecomunqueèstata una prestazione collettiva fantastica, di squadra: sono felice per me, ma lo sono ancor di più per i tre punti».
«Per il punteggio e la dimostrazione di calcio abbiamo dato un segnale Ce la giochiamo...»
IL SUO CALCIO. Eccolo là, lo scugnizzo, eccolo esaltato dal tridente, da quel che sa fare dalla fanciullezza vissuta con Zeman, ed attraversata attraverso i tagli, le diagonali, l’aggressione dello spazio e la sensibilità d’un piede (il destro) che quando va a chiudere diviene perfido, diabolico e comunque devastante. «Io mi trovo benissimo in questo sistema, l’ho sempre sentito nella pelle, mi diverte fare l’esterno alto di sinistra e con Zeman riuscii a segnare tanto. Però va detto che anche quando sfruttavamo il rombo io ce l’ho messa tutta come trequartista...».
IL SUO PIPITA. Insigne, Higuain: si annusano, si scrutano, si trovano, si divertono, fanno il dai e vai, si spostano, stringono, si scatenano e se finora era stato lo scugnizzo ad andare a pescare el Pipita, San Siro spinge l’argentino a ricambiare, ad offrire un pallone che sembra un gioiellone a diciotto carati e che può aiutare il “monello del gol” a tirar fuori dal personalissimo repertorio la giocata che gli va a genio, il collo-interno che va a girare sul palo lontano. «Non importa chi segna, in questa squadra, giochiamo per vincere assieme. E Gonzalo è un grande, grandissimo campione: ha dimostrato di essere attaccato a questa maglia, è al suo terzo anno con noi e ce lo teniamo stretto».
IL SUO SAN SIRO. Ci sono stadi che scatenano l’immaginario collettivo dei protagonisti e il Meazza rientra tra le Cattedrali in cui consacrarsi: l’Insigne che non t’aspetti non si accontenta di ciò che ha fatto in occasione della sua prima rete, vuole prendersi la gloria, la va a cogliere dal limite area (parecchio fuori), avventandosi su quel pallone che gli consegna la standing ovation: «Ringrazio tutti, tifosi del Napoli e del Milan che mi hanno applaudito. Ora è facile intuire la mia gioia, perché questa è una gara particolare, per l’entità del punteggio, per la dimostrazione di calcio che abbiamo offerto: noi crediamo in noi stessi, il campionato è appena cominciato ed è lunghissimo, faremo il possibile per arrivare il più in alto possibile. In questo momento sto bene, avverto la fiducia che mi dà il mister. Mi tengo questa doppietta e comunque abbiamo lanciato un segnale deciso a chiunque». Si dice, stavolta si dice: «Ce la giochiamo». Sciò, sciò.....: tenerisima è la notte...