Corriere dello Sport Stadio (Firenze)
Un big in panchina? Tanti sono a spasso
Ancelotti apre la lista. E poi Capello, Spalletti Montella, Mazzarri e Guidolin. Tutti in attesa...
Grandi allenatori a spasso per grandi squadre in crisi: stacca il biglietto e mettiti in fila. Ancelotti ha brillantemente superato l’operazione alla cervicale (stenosi) che aveva programmato all’inizio dell’estate, Spalletti a un anno e mezzo dal suo ultimo Zenit (marzo 2014) non ha più nostalgia del «Kvas» (bevanda stranamente poco alcolica, se si considera la provenienza), Mazzarri ha assorbito la rabbia (sinonimi altrettanto validi: collera, ira, sdegno, fate un po’ voi, vanno bene tutti) accumulata nel postesonero e si è messo a studiare inglese come un forsennato. Tutti sono pronti. Here we are, direbbe Mazzarri. Eccoci. Ci siamo. E non siamo pochi: la compagnia è considerevole.
TUTTI IN FILA. Perché quella dei «grandi allenatori a spasso» o «in attesa di» o comunque «che stanno vagliando le varie proposte» è diventata una categoria - umana più che professionale - che ormai va parificata alle ex fidanzate di Cristiano Ronaldo (abbiamo perso il conto) e ai pensionati che mani dietro la schiena e collo allungato - osservano gli operai del Comune che stanno sistemando tombini e buche sulle strade. Sono tanti, i grandi allenatori momentaneamente fermi; sembrano sempre di più (come i Minions) e quando vengono chiamati in causa perché da qualche parte suona l’allarme, lo si fa collettivamente. Persino cliccando su Google i risultati sono sorprendenti: 87.400 voci. Costano tanto, li pagano perché portano il valore aggiunto della loro bravura (esperienza, personalità); sono il salvagente gigante che si profila all’orizzonte quando sei in mezzo al mare senza appigli e il gorgo ti sta risucchiando. Non è un caso se a Liverpool - dopo lo strappo con Rodgers - si fanno i nomi di Ancelotti (occhio: per il dopo-Mou è lui il candidato), Mazzarri (c’è anche il Sunderland), Spalletti. Perché i «grandi allenatori» hanno una qualità che li differenzia dal resto della truppa. C’è una categoria di tecnici che serve a tappare la falla, con loro invece il Progetto riparte, e la P di Progetto - se prendi Ancelotti o Spalletti, Capello o Mazzarri, Lippi o Guidolin - è sempre maiuscola.
NOMI CALDI. E quindi: il nome caldo (in prospettiva Milan) è quello di Lippi, di Prandelli potete leggerne a parte (la Cina è vicina), Montella è lì in stand by, c’è solo il dettaglio dei cinque milioni di clausola che lo legano ancora alla Fiorentina. Chi lo vuole pigliare, dovrà svenarsi. Ultima apparizione pubblica al match benefico per l’inaugurazione della «Totti Soccer School». Guidolin sabato scorso ha compiuto sessant’anni e di recente ha fatto un paio di comparsate in tivù, è un uomo intelligente e - parlando di calcio - dice sempre cose illuminanti; ma non ci vuole il genio della lampada per capire che sta vivendo questa pausa come un bambino messo in castigo: fra quanto mi liberate? Capello frequenta salotti televisivi con la personalità che aveva in panchina, fortunatamente senza curarsi della diplomazia trancia giudizi mai banali (l’ultimo su Mourinho che brucia i giocatori) e - nonostante vada verso i settanta - aspetta ancora l’ultima occasione per chiudere una grande carriera. In fila ci sono anche Zaccheroni e Di Matteo, il primo ha lasciato il Giappone dopo il Mondiale dell’anno scorso in Brasile; il secondo si è dimesso a maggio, non si prendeva proprio con quelli dello Schalke 04.
I grandi allenatori aspettano la grande squadra per la grande occasione che li rilanci alla grande. Poi qualcuno si accontenta, abbassa le pretese, lima le ambizioni e salta comunque su. La giostra non si ferma mai.