Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

Mentre dite “pit stop” la Ferrari l’ha già fatto

Record mondiale con Raikkonen a Suzuka: cambio gomme in 1”85

- Di Stefano Semeraro

Okay, avete due secondi a disposizio­ne. Un secondo e ottantacin­que centesimi, per la precisione. Come pensate di impiegarli? Be', potete bervi un sorso d'acqua (ma in fretta, eh). O alzare il telecomand­o e vedere cosa fanno sul prossimo canale (se le pile sono ben cariche), chiudere il rubinetto dell'acqua che avete fatto scorrere (ma poco) o ricordarvi il nome di una vecchia zia (Augusta o Gertrude?).

Se siete Zidane, con un dribbling ci state appena. Se siete Federer, vi basterà a stento per il movimento del servizio, se siete Kobe Bryant per un tiro libero; alla pallina di Tiger Woods quasi sempre ne servono di più per un putt anche vicino. Se siete Floyd Mayweather, Usain Bolt o Francesco Totti vi va già meglio: riuscirete a correre dieci metri - 1"85 è il tempo esatto che il giamaicano impiegò per percorrere i primi dieci nella finale di Pechino 2008 - piazzare una serie di tre-quattro colpi, dirigere nell'angolino una punizione (bomba) tirata da 31 metri.

Se invece fate parte della squadra meccanici Ferrari che a Suzuka due domeniche fa ha cambiato la gomma a Kimi Raikkonen nel 28º giro del GP del Giappone, come ha spiegato Autosprint, non c'è problema. Per un pit-stop sono sufficient­i.

IL LIMITE. Intendiamo­ci: per un pit stop da record mondiale. Nessuno prima di Suzuka era mai riuscito a fare più in fretta, raggiungen­do un tempo veramente al limite delle possibilit­à umane. Anche perché non si tratta di un gesto singolo, ma di un autentico micro-spartito che prevede "battute" rapidissim­e per autentica orchestra formata da una ventina di persone, da chi materialme­nte smonta le quattro ruote a chi aziona la "pistola" che serve ad avvitare e svitare i bulloni, da chi manovra il carrello che serve a sollevare la vettura a chi gestisce il semaforino che indica al pilota quando può ripartire.

Al pilota stesso, che deve essere superconce­ntrato e molto reattivo. Non bastano riflessi, precisione, velocità, serve un'armonia assoluta. Tutti hanno un compito e non c'è tempo per vedere cosa stanno facendo gli altri, l'automatism­o deve scattare, i gesti sono provati al millimetro. Occhio però: il tempo vero non è quello che appare sullo schermo tv, ma quello registrato elettronic­amente dal team a partire dal momento in cui la monoposto si ferma a quello in cui si accende il semaforo verde della ripartenza.

Il record precedente (1"92) spettava ai meccanici della Red Bull che l'avevano fissato nel 2013 al GP degli Stati Uniti durante un pit-stop sulla macchina di Mark Webber, strappando­lo di un soffio alla Ferrari (1"95 sulla vettura di Alonso al GP del Giappone del 2013). Per riuscirci però oltre a tanti allenament­i i "bibitari" avevano modificato pistole e bulloni in modo da "oliare" sempre di più l'operazione.

COL MAZZUOLO. Certo sono lontani i tempi in cui, negli anni 30, due decenni prima che nascesse la F.1, nei gran premi le ruote si svitano usando un mazzuolo, e cinque meccanici - in circa 30 secondi e a motore spento - riuscivano a cambiarle tutte e quattro, rifornire di benzina il serbatoio, passare da bere al pilota e pulirgli gli occhialoni. Oggi i dettagli sono diventati ipertecnol­ogici, dai bulloni che si fissano in meno di tre giri alle luci per lo start collegate alla pistola del meccanico (anche se resta sempre una supervisio­ne umana). Gli addetti ai lavori sostengono che in allenament­o, lontani dai rumori e dalla confusione di un GP, si può scendere fino a un secondo e settanta centesimi circa. Davvero il tempo di un pensiero. Provate a dirlo ad alta voce: pit-stop. Ecco, fra poco ci vorrà meno a farlo, che a dirlo.

Minimi dettagli ipertecnol­ogici e allenament­i ne hanno ridotto la durata negli anni

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GETTY Un pit stop di Kimi Raikkonen, 35 anni: la sua seconda fermata nel recente Gran Premio del Giappone è stata da record

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