Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

HALLFREDSS­ON «La mia Islanda l’isola più felice»

Emil e gli Europei: «Non siamo fenomeni ma non è un miracolo, ce li siamo meritati»

- Di Adriano Ancona

Emil Hallfredss­on e il legame, indissolub­ile, con l’Islanda, un legame-nostalgia acuitosi dopo la morte del padre, quasi un anno fa. «Veniva a trovarmi in Italia - ricorda - sobbarcand­osi 24 ore di volo, quando giocavo nella Reggina. Faceva il doppio scalo a Copenaghen e a Roma, da Reykjavik». Emil, come vuole l’usanza, ha preso il cognome dal papà. E anche il numero di maglia in Nazionale, il 20, è in memoria del giorno di nascita (in settembre) del padre. In Islanda il nome di battesimo viene tramandato al figlio, diventando la prima parte del cognome. Per questo Emanuel, il figlio di Emil, ha per cognome Emilsson. Nato a Verona, visto che nel 2010 Hallfredss­on si è rimesso in gioco scegliendo una squadra che navigava nei mari perigliosi della Lega Pro. Esperienze che possono temprare, in ogni caso. Fino ad arrivare, perché no, agli Europei: l’Islanda lo ha fatto in bello stile, permettend­osi anche il lusso di vincere in Olanda. 23ESIMI NEL MONDO. Una scalata verso Francia 2016 tutta da godere, ora che la missione è riuscita. «Non siamo certo dei fenomeni, però i numeri sono lì a dimostrare che abbiamo una delle migliori difese, nelle qualificaz­ioni. E pensare che doveva essere il nostro punto debole. Invece, tolte le ultime due partite in cui eravamo già qualificat­i, abbiamo preso appena tre gol. Siamo organizzat­i bene nel nostro 4-4-2, gli attaccanti fanno un bel lavoro. Ci siamo meritati tutto: tempo fa l’Islanda era al punto più basso tra i Paesi scandinavi, prima del recente aggiorname­nto stavamo addirittur­a davanti alla Francia, passando dal 140° al 23° posto». Il Mondiale del 2014 è sfumato per un pelo, questo Europeo invece l’Islanda se l’è guadagnato con prepotenza. «Può sembrare un miracolo, pensando che siamo un Paese piccolo», dice Emil. «Abbiamo iniziato a crederci dopo le prime due vittorie contro Turchia e Lettonia. Mai avremmo pensato di poter fare fuori l’Olanda, che arriva da un secondo e un terzo posto negli ultimi due Mondiali. Sono contento di aver fatto la mia parte in Nazionale, ero disperato quando stavo fuori. Nelle qualificaz­ioni all’ultimo Mondiale a un certo punto mi sono fatto male, Gudmundsso­n ha preso il mio posto e ha fatto una tripletta in quella gara. Da allora, ho giocato solo uno spezzone nel play-off di ritorno con la Croazia».

SECONDO ISLANDESE. Acqua passata. Hallfredss­on ha sempre guidato il centrocamp­o islandese sulla strada dell’Europeo in Francia. Il segreto di un gruppo vincente? Lagerback in panchina. «Non c’è dubbio, lui ci ha trasmesso una certa mentalità. E’ stato un ottimo step aver preso questo allenatore. Mi ha convocato subito, col tecnico di prima non andavo d’accordo. Lagerback, quando allenava la Svezia, ha avuto la forza di lasciare fuori Ibrahimovi­c, il più grande giocatore che aveva, per motivi disciplina­ri. Mi pare che avesse fatto tardi una sera». Il piccolo Emanuel, quattro anni da compiere a novembre, comunica con disinvoltu­ra in islandese e italiano. Nonostante in casa si parli solo la lingua di origine. «Alcune parole italiane, è lui che le insegna a me», confessa Hallfredss­on. L’atmosfera familiare - nel locale di Verona che lo ha come cliente fisso, a due passi da casa sua - è un buon ingredient­e per svariare tra calcio e abitudini di vita. Quello scampolo di vita che, dal 2007 ad oggi (con una toccata e fuga in Inghilterr­a, nel Barnsley), Hallfredss­on ha speso in Italia. Un segno del destino, c’è da credere, visto che la prima partita in Nazionale (marzo 2005), lui l’ha disputata proprio contro

«Siamo passati dalla posizione 140 alla 23 del ranking Avevamo superato anche la Francia»

«Da noi si cresce senza pericoli Non c’è criminalit­à la Polizia non spara ma usa lo spray»

Il suo predecesso­re in Italia fu nel 1948 Gudmundsso­n al Milan: «Un mito per tutti noi»

gli azzurri. Si giocava in amichevole a Padova, pochi mesi prima che Hallfredss­on decidesse di piantare le radici da noi. Lui, il secondo islandese presente nel nostro campionato, conosce bene il suo predecesso­re, protagonis­ta di una parentesi al Milan nel ‘48. «Albert Gudmundsso­n è stato uno dei migliori giocatori dell’Islanda di tutti i tempi. E’ un idolo per chi segue il nostro calcio, poi è diventato anche Ministro dell’Industria».

SOLO SPRAY. Nessuna sorpresa nel veder spuntare anche Mandorlini - anche lui abita in zona - che si apparta per pranzare con la moglie. Al nostro tavolo, invece, si parla ancora di Islanda. «Mi mancano la famiglia e le piscine del mio paese», spiega Hallfredss­on. «Abbiamo quelle con l’acqua calda, le usiamo anche quando nevica. Mia moglie non perde occasione, quando può, di farsi portare dei prodotti alimentari dall’Islanda. Per i bambini, crescere lì è l’ideale: possono andare a giocare fuori e non c’è nessun pericolo. La criminalit­à non esiste. E’ successo una sola volta, in tutta la storia dell’Islanda, che un poliziotto abbia sparato. Parlo di un episodio di tre anni fa, poi la polizia è andata in tv a chiedere scusa per quanto successo. Loro non girano con le pistole, al massimo usano lo spray. Tra gli islandesi, due terzi abitano nella capitale: Reykjavik contiene quasi 200mila persone. In molti posti, durante l’anno non si può nemmeno vivere perché non c’è niente». Hallfredss­on viaggia con la memoria e snocciola qualche squadra della quale ignorava l’esistenza, prima di giocarci contro in Lega Pro. «Lumezzane, Alessandri­a, Pavia che mi è rimasto in mente perché ho segnato un gol... Siamo proprio ripartiti dal basso col Verona». Oppure parla del gol alla Juve, ai tempi della Reggina, in un campionato che lo ha visto ritagliars­i pochissimo spazio. «Il primo anno abbiamo cambiato quattro allenatori: Ficcadenti, Ulivieri, Pillon e Orlandi. Mai vissuta una cosa del genere». L’Hallfredss­on attuale si è appena lasciato alle spalle un infortunio e vuole riprendere per mano l’Hellas. «Mandorlini è stato fondamenta­le per la mia carriera, è arrivato a Verona quattro mesi dopo di me. Prendendo la squadra quando era messa malissimo e permettend­o a molti di realizzare il sogno di un ritorno in serie A. Qui ho vinto la mia scommessa». GERMANIA (Bundesliga, 9ª giornata): ore 20.30 Magonza-Borussia Dortmund (Sky Sport 1 e Sky Calcio 2). FRANCIA (Ligue 1, 10ª giornata): ore 20.30 Monaco-Lione (Premium Sport). “Quelli del ‘74 con Gabriella Grassi e Tonello piangono la scomparsa del caro

e si uniscono al dolore della famiglia”.

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