Corriere dello Sport Stadio (Firenze)
Tardelli verità «Il mio urlo i calci a Diego e quella Juve»
«Scartato da Milan e Inter: ero magro... Così ci portarono via il Mondiale del ‘78»
Se chiedessi a me stesso di fare la formazione ideale di tutti i tempi so già chi non mancherebbe mai: Marco Tardelli. E’ stato un giocatore unico. Un centrocampo con lui era in sicurezza. Correva, tanto, in un modo tutto suo, con una apertura delle gambe unica. Era riconoscibile tra mille. Forse solo Nicola Berti aveva un passo simile al suo. Aveva intelligenza calcistica rara, senso tattico, sapeva offendere nell’area avversaria e difendere come un mastino. Il suo volto è legato a due gol, quello con l’Argentina e quello con la Germania.
Se chiedessi a me stesso di fare la formazione ideale di tutti i tempi so già chi non mancherebbe mai: Marco Tardelli. E’ stato un giocatore unico. Un centrocampo con lui era in sicurezza. Correva, tanto, in un modo tutto suo, con una apertura delle gambe unica. Era riconoscibile tra mille. Forse solo Nicola Berti aveva un passo simile al suo. Aveva intelligenza calcistica rara, senso tattico, sapeva offendere nell’area avversaria e difendere come un mastino. Il suo volto è legato a due gol, quello con l’Argentina e quello con la Germania, che la mia generazione di italiani porterà sempre nel cuore. Aveva carattere e determinazione, da giocatore. Li ha avuti anche da allenatore. E forse ha pagato un prezzo per questo. Ma è una risorsa preziosa del nostro calcio. Per competenza, agonismo, intelligenza.
La sua storia parte da quell’Italia asciutta e operosa, generosa e concreta, che fece grande il paese, nel dopoguerra.
Le origini «Mio padre era operaio, mia madre contadina, non sapevano neanche cosa fosse il calcio» L’inizio «Da bambino ero piccolo, magro e per questo correvo più di tutti. Alla fine mi è stato d’aiuto» Non adatto «Mi hanno bocciato tutti: Fiorentina, Bologna, Inter, Milan. Mi dicevano: non hai il fisico»
Mondiale ‘78 «Eravamo più forti di quelli dell’82 ma ci fermarono: doveva vincere l’Argentina»
« I miei non sapevano neanche cosa fosse il calcio. Dunque non deve dipendere dal dna, se io già a sei sette anni avevo la mania del football. Ero bravo e la controprova era il fatto che i grandi mi sceglievano, il che mi rendeva orgoglioso. Ero magro, piccolo e per questo correvo tanto. Per me giocare al calcio era una rivincita tanto ero magrolino, fisicamente e, diciamo così, anche socialmente. Al calcio, a quel livello, non ci sono ricchi e poveri. O sei forte o non lo sei. O corri o non corri. E io correvo». Che mestiere facevano i suoi genitori?genitor ri? «Quando sono nato vivevamo amo in montagna,montaagna, in Garfagnana. Mio padre faceva l’operraio l’operaio e mia madre la contadina. Eravamo quattro quaattro fratelli. Poi, ero piccolissimo,mo, siamo sccesiscesi a Pisa. Mio padre fece il salto, to, aprì un nego-n negozio. Ma andò male e lui tornò ornò a fare l’oopel’operaio, dell’Anas. Mamma lavoravavorava comee come colf. Volevano che i figli studiassero.assero. Gli immporimportava quello, non il pallone.. E anche quaando quando diventai famoso loro non n avevano il temtem-t po di essere contenti. Non n era la gioia gioiaa loro che sentivamo ma l’obbligo igo nostro, quelquel-q lo di restituirgli un po’ della lla fatica e deel del sudore che avevano messo per farci studiarestuddiare e per farci mangiare. Mio padre avrà vistovistov due partite in tutto. Non teneva eneva la tenssione tensione dentro. Stava un po’ poi andava ndava via peerchéperché non reggeva. Mia madre, quando ho vinto vintov i Mondiali, era felice. Lei era un po’ vanitovannitosa, si sentiva una reginettaa con il figlioo figlio che aveva segnato nella partita ta più importanimporrtante ed era tornato con la medaglia al collo». coollo».
Ha cominciato da terzino, no, vero? « In verità all’inizio giocavoo ala sinistra, sinistra,, fino ai 15 anni. Perché il mio mito era Gigi Riva.R Riva. Poi fui spostato a centrocampoampo perché avevo piedi buoni e polmoni meglio. A mee me bastava giocare. Mi sono divertito vertito tutta laa la vita a farlo. Solo l’ultimo anno, al San Gallo,, Gallo, non avevo più passione, la domenica.omenica. MiM Mi divertivo ad allenarmi con i compagni mam ma in campionato ero scarico. Il mio giocoo gioco era fatto molto di tensione emotiva motiva e nervosa.nervvosa. Quando ho smesso di divertirmi vertirmi ho smessmmesso di giocare».