Corriere dello Sport Stadio (Firenze)
ZAZA ALLA VIALLI E’ LA RISORSA IN PIU’
E ’mancato il colpo del fuoriclasse, la giocata decisiva, per mettere sotto l’Inter e chiudere una partita in cui la Juve, almeno per settanta minuti su novanta ha provato a vincere. Poco cattivi sotto porta, ha spiegato Allegri, esaltando la prova di Barzagli dietro e la scarsa convinzione degli attaccanti, sottolineando più le pause di Morata, poco presente in area di rigore, che le indecisioni di Zaza, formidabile e continuo nel movimento, molto meno ispirato al momento di concludere. La notte di San Siro ha restituito fiducia e certezze al gruppo bianconero. La difesa non ha subìto gol, il centrocampo si è ritrovato intorno alle geometrie di Marchisio, appena rientrato e non ancora al top della condizione, allo spessore di Khedira e alla fisicità di Pogba, spaesato nel primo tempo e dirompente nella ripresa, quando aveva capito come muoversi ed entrare dentro al gioco partendo da una posizione defilata. Negli ultimi trenta metri è mancata la Juve e il pensiero, proprio mentre si sviluppava la partita, è tornato alle percussioni di Tevez. L’Apache era il vero play offensivo di Allegri, perché in quei trenta metri faceva tutto. Recuperava palla, partiva in dribbling o smistava, si inseriva in area, dava l’assist o tirava. Dentro i numeri della passata stagione è scritta la differenza del fuoriclasse: 20 gol e 7 assist in campionato, 7 gol e 4 assist in Champions. Quante partite avrà risolto? Tante, tantissime, soprattutto quelle equilibrate come si è rivelata quella di San Siro. Quel vuoto ora bisognerà riempirlo.
Diverse piccole verità ha svelato il duello con l’Inter. Non si vive di rimpianti e l’addio a Tevez è stato tamponato dai dirigenti della Juve con l’allestimento di un parco attaccanti di primissimo livello: Mandzukic, Dybala, Morata e Zaza sono quattro prime punte che nessuno o quasi si può permettere nel nostro campionato. Consentono ad Allegri un’infinità di soluzioni e la possibilità di scegliere in base al tipo di partita. Lo ha spiegato bene negli spogliatoi di San Siro motivando la scelta (giustificatissima) di spedire Dybala in panchina per dare spazio a Zaza. Occhio a non sottovalutare l’azzurro ex Sassuolo. Diventerà sempre più titolare in questa Juve, gli manca poco per compiere l’ultimo salto di qualità. Maggiore precisione nel fraseggio con la squadra, qualche incertezza in meno al tiro. Due o tre volte con l’Inter non ha fatto la scelta giusta o ha esitato quando poteva puntare la porta. Ma è stato impressionante per volume di gioco, movimento, dinamismo. Attacca la profondità, dettando il passaggio come pochi. Contrasta, pressa, abbinando la fase difensiva alla capacità di allungare la squadra con scatti di cinquanta-sessanta metri. Punta totale, alla Vialli vecchia maniera. Era l’attaccante giusto per la partita fisica e piena di agonismo prevista con l’Inter. Per questo motivo è stato preferito a Dybala, che invece è l’unico dei quattro attaccanti della Juve a poter ereditare le vecchie mansioni di Tevez. Non a caso Allegri, parlando dell’argentino ex Palermo, ha preannunciato la sua trasformazione in punta di raccordo. Dovrà legare e cucire il gioco con i centrocampisti, cercando di aggiungere fantasia e imprevedibilità.
Morata è il più completo, possiede caratteristiche che gli permettono di integrarsi bene con gli altri tre. Mandzukic è il più statico, l’antico centravanti d’area. L’ideale con due ali al suo servizio o un partner di grande movimento e capace di girargli intorno. Tutti e quattro, dividendosi gol e partite, consentiranno ad Allegri di cancellare i rimpianti per Tevez e continuare a divertirsi, sorprendendo gli allenatori avversari.
Manca la diversità di Tevez, il tecnico ora sceglie in base al tipo di partita E l’azzurro cresce