Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

Lo scorso anno era con i Celtics

- Di Roberto Zanni MIAMI

«Assolutame­nte sì. Cestistica­mente ho avuto più soddisfazi­oni in questi pochi giorni con il Fenerbahce che in tanti mesi nella NBA, soprattutt­o rispetto alla seconda stagione a Detroit. A Istanbul mi sento coinvolto, partecipe. Obradovic mi incoraggia, mi dà tanta fiducia e libertà di esprimermi in attacco, a volte andando anche fuori dal sistema. Insomma, mi chiede di essere me stesso. Inoltre si è creato un bellissimo gruppo, andiamo spesso a cena assieme. Mi sono persino convinto che imparerò prima lo slavo piuttosto che il turco, visti i tanti giocatori dell’Est che ci sono (Antic, Bodganovic, Kalinic , oltre Obradovic, ndr).

A pochi giorni dalle elezioni il clima in Turchia, scossa da diversi attentati, è ancora molto pesante. Lei come sta vivendo questo momento? «Mi sento sicuro. La vita che faccio gira tutta attorno al basket. L’ambasciata italiana manda dei messaggi invitando i nostri concittadi­ni ad evitare i luoghi pubblici e affollati. Ma io sono tutto casa-palestra, ed evito appunto i posti affollati. Non ho paura». LUIGI DATOME è nato a Montebellu­na il 27 novembre 1987, è alto 2,03 e gioca ala. Ha iniziato nella sua Sardegna, nel Santa Croce Olbia, per poi passare giovanissi­mo alla Mens Sana nel 2003. Nel 2006 è andato a farsi le ossa a Scafati, venendo ingaggiato nel 2008 dalla Virtus Roma. Nella Capitale è esploso, arrivando a guidare la squadra sino alla finale scudetto (persa con Siena) nel 2013 disputando una annata strepitosa. La stessa estate ha firmato per i Detroit Pistons, con i quali però non ha trovato praticamen­te spazio. Nel 2015 è stato ceduto a Boston, dove ha dimostrato che, se messo in campo, era in grado di fare ottime cose. Era anche diventato uno dei beniamino dei tifosi dei Celtics. Prima degli Europei (da capitano ha potuto disputare solo una gara prima di infortunar­si e non rientrare) ha siglato un contratto biennale con il ricco Fenerbahce Istanbul, con il quale sta giocando l’Eurolega Warriors, una festa senza fine. L'MVP del 2015, il primo della franchigia dopo quello di Chamberlai­n del 1961 (allora si giocava a Philadelph­ia), il titolo nel giugno scorso atteso per quarant'anni, poi la consegna dell'anello martedì sera e la vittoria contro New Orleans. Tutto nel segno di Steph Curry: per lui 40 punti nell'opening night, la seconda miglior prestazion­e di tutti i tempi di un MVP in carica nella prima partita della nuova stagione dopo i 41 realizzati il 13 ottobre 1972 da Kareem Abdul-Jabbar con la maglia di Milwaukee contro Phoenix.

E dire che questa volta dall'altra parte, sulla panchina dei Pelicans, c'era Alvin Gentry, che prima dell'incontro aveva ricevuto anche lui l'anello, visto che la scorsa stagione era assistant coach a Golden State. Conosce bene Curry, ma fermarlo, beh quella è un'altra cosa . «Quelli sono canestri che solo Steph sa fare» ha detto quasi rassegnato Gentry a fine incontro. La prima partita sembrava l'ultima della scorsa stagione, con scatenato Curry: sette canestri nei primi nove tentativi con quattro centri da 3 per un totale di 24 punti (dei 39 di tutta la squadra) solo nel primo quarto.

Poi ha raggiunto i 40 quando mancavano ancora 3'23" alla fine del terzo quarto. Sostituto, accompagna­to da una ovazione, è rientrato per qualche altro minuto nell'ultima frazione, ma la sua partita era già finita. Ancora una volta da MVP. «E’ quello per cui siamo preparati - ha poi detto Curry, un altro avvertimen­to a chi spera di vincere qualcosa nel 2016 -. Essere pronti per cogliere il momento: gioire per le celebrazio­ni e le cerimonie, divertirsi, scherzare, ballare, ma poi concentrar­si sulla partita. Sarebbe stato brutto da campioni in carica cominciare con uno 0-1. Adesso l'umore è molto migliore e vogliamo continuare a mantenere questa atmosfera».

MVP. L'Oracle Arena gremita, quasi 20.000 spettatori, e un coro assordante, «MVPMVP», che ha accompagna­to Curry fin dalla consegna degli anelli. «E’ stato un momento incredibil­e - ha aggiunto la stella di Golden State - mi è venuta la pelle d'oca rivivendo tutto quello che abbiamo passato». Non c'era però sulla panchina dei Warriors coach Steve Kerr, per i postumi di un intervento alla schiena: ancora non si sa quando potrà rientrare, però ha parlato alla squadra anche nell'intervallo, e ha consigliat­o Luke Walton che ha avuto l'onore di guidare i campioni nella prima partita ufficiale della nuova stagione. Risultati: Atlanta-Detroit 94-106 (Schroder 20, Caldwell-Pope 21); Chicago-Cleveland 97-95 (Mirotic 19, James 25); Golden State-New Orleans 111-95 (Curry 40, Davis 18).

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